Tempo fa ci occupammo del tema della sicurezza stradale, ma in realtà non esiste un giorno in cui questo tema possa essere trascurato. Con il titolo “Siamo tutti sulla stessa strada” si voleva porre l’accento su un dettaglio non trascurabile, ovvero che l’utenza debole (ciclisti e/o pedoni) si trova tutti i giorni in prima linea in condizioni di criticità e si fa presto a parlare di sostenibilità ma occorrono anche intenti ed azioni in sincronia con il problema.
Abbiamo avuto (va detto con forza “purtroppo”) occasione di assistere alla sventurata performance di un sedicente comico in una trasmissione televisiva su una nota emittente in quello che viene definito “prime time”.
Un vergognoso intervento lanciato contro i ‘ciclisti’ in uno squallido tentativo di umorismo, questo sta ora diventando un caso social che probabilmente conoscerete in molti.
Non ci va di nominare la trasmissione e neppure il comico, non meritano pubblicità gratuita, in realtà siamo stati molto combattuti persino sulla necessità di intervenire in un confronto in cui perdiamo, perdiamo di certo tutti.
- Perde chi s’indigna (anche se certamente a giusto titolo) dando visibilità a questa idiozia;
- Perde chi tace, anche se passarci sopra in sdegnoso silenzio era forse la cosa più adeguata;
- Perde il “comico” (se così vogliamo chiamarlo) che non riconosce più la satira dal becero;
- Perde l’emittente che lo manda in onda;
- Perde l’etica e la dignità ma tanto ormai sembra siano parole vuote.
L’elemento che ci induce a non tacere è che a perdere, (spesso) la vita, sono i ciclisti che sono esposti a costoro e ci ridono pure sopra come se la vita fosse una questione di “sharing”. Noi rappresentiamo sportive e sportivi, ma prima di tutto PERSONE che usano la bici per divertimento, per sport e come tanti abbiamo amici, soci, persone che su quelle strade sono state vittime di incidenti.
Sentirli apostrofare come se fossero scalmanati, come se fossero un “disturbo” sulle strade e bersagli da inquadrare tramite un mirino posto su un cofano ci fa rivoltare lo stomaco. Se qualche cosa vale l’educazione è opportuno che questo vada stigmatizzato e che si riveda il valore delle parole.
Le parole non sono vuote, le vite non sono dei vuoti, vuoti sono i guitti da osteria se hanno bisogno di questo per strappare una battuta di mani.
Soprattutto si dovrebbe molto riflettere sul potere che hanno quelle parole dette “per far ridere”, quando dall’altro lato ci sono persone che ne prendono un valore distorto per farlo diventare violenza contro il debole.
Quando diventa violenza, bullismo. Noi continueremo a lottare e prestare attenzione a questi temi e ci auguriamo che l’artista vorrà rivedere il suo punto.
fonte: Giovanni Punzi Responsabile SDA Uisp Ciclismo e Roberto Babini Responsabile della Redazione