di Roberto Checchi
Una volta sola, nella storia, la carovana del GIRO è salita sul GAVIA ed IO c’ero. Son passati diciott’anni e nel frattempo siamo diventati tutti maggiorenni, almeno quelli che come me, hanno vissuto sulla pelle quella fantastica esperienza. E’ stato il mio primo GIRO ufficiale, se escludo la parentesi su invito per preparare la mia tesi di laurea sull’Italia di Coppi e Bartali scritta un anno prima, regalo che Gianni TORRIANI volle farmi, per vivere di persona tutto quello che si respira a seguito della corsa ROSA e posso assicurarvi che non è niente di tutto quello che passa in TV. Il poeta Alfonso Gatto l’ha definito “UNA MERAVIGLIOSA CORSA UMANA, IL SUO TRAGUARDO E’ LA FELICITA’.” Il GIRO è pelle di serpente, può mutare come le stagioni e l’ andamento dei giorni, nel corso dei quali qualcosa lasci sempre per strada, ma dopo poco si riforma e ti rimetti a strisciare seguendo il movimento dei tornanti nelle tappe di montagna o quello delle onde del mare, quasi tu fossi a cavallo di una tavola da surf, in quei monotoni rettilinei che affiancano la costa, talmente noiosi e non vedi l’ ora dello striscione del traguardo. Tutto finì, all’ottava partecipazione, nonostante il numero otto, sia da sempre il mio portafortuna, qualcosa in quella cabala andò storto o meglio tutto fu pilotato perché assumesse quelle sembianze e dirottasse in una precisa direzione, architettata a tavolino da una mente arrivista e senza scrupoli, perché le belle storie prevedono una PARTENZA, ma il finale a volte non rispecchia il classico EPILOGO… e vissero felici e contenti… di colpo si apre una ferita, che da undici anni non cicatrizza e mi porto sulle spalle come una croce. Stasera è nato il GIRO 102. Più bello degli altri? Più difficile degli altri? Più equilibrato degli altri?
Chiamiamolo MODERNO. Rende omaggio a Montanelli, a Leonardo, a Padre Pio, a Coppi e alla lirica, si, perché dopotutto, chi se lo aggiudica, alla fine ha lanciato in aria, il suo ACUTO. Da Bologna a Fucecchio nel segno dell’ eccellenza italiana, Indro Montanelli è per il mestiere del giornalista qualcosa da venerare, che va di pari passo al mito e chi non ha mai sognato di poter appoggiare le dita della mano sui tasti della leggendaria LETTERA 22 della Olivetti, che la storia vuole abbia smesso di scrivere in modo corretto, alla sua morte. Poi Vinci e San Baronto indiscusso santuario del ciclismo toscano a cinquecento anni dalla morte di Leonardo, che tra tante macchine sbalorditive da lui disegnate, quella che non possiamo con certezza attribuirgli è proprio la BICICLETTA, mezzo dall’equilibrio incerto e precario, sospinto dai muscoli di un uomo anche se tra i 1119 fogli del Codice Atlantico, pazientemente restaurato negli anni sessanta del Novecento dai monaci di Grottaferrata, compaiono su una pagina, la 133, due disegni additati osceni, la caricatura di un uomo e il prototipo di una bicicletta costruito in legno, che la tradizione vuole siano opera di GIAN GIACOMO CAPRIOTTI allievo del maestro, dal quale ricopiò un schizzo, andato perduto. La scoperta, considerata se non vera, veritiera, vorremmo per l’ occasione trasformarci in sognatori, fedeli al pensiero di Benedetto Croce a proposito della superstizione, “NON E’ VERO, MA CI CREDO”.
La corsa tocca il punto più a sud a San Giovanni Rotondo nell’anno che celebra il centenario della comparsa delle stimmate a San PIO e quello dei cinquanta della morte. E poi l’ arrivo a quattrocento metri dalla Villa del Campionissimo e il ricordo della CUNEO, città dove si esalta la tradizione della Cavalleria e PINEROLO, arrivo della storica tappa del Giro 1949 consegnata alle generazioni future nelle immortali parole della telecronaca di Mario Ferretti “Un uomo solo al comando” e nel racconto di Dino Buzzati che fotografò magistralmente il secondo posto di Gino Bartali ” Era lurido di fango, la faccia grigia di terra e mota nello sforzo. Pedalava come se qualcosa di orrendo gli corresse dietro e lui sapesse che a lasciarsi prendere ogni speranza era perduta….”
C’è da percorrere il finale sulle strade del Giro di Lombardia con il Ghisallo, il Civiglio e il San Fermo della Battaglia, prima della picchiata sul lungolago di Como e ancora l’ ANELLO INFERNALE che abbraccia GAVIA e MORTIROLO e se per caso nessuno fosse ancora in grado di dare un verdetto unanime, l’ arrivo sul CROCE D’AUNE dopo una memorabile cavalcata e abbuffata di montagne, sicuramente avrà schiarito le idee.
VERONA e la salita delle Torricelle, due volte palcoscenico mondiale, saranno a quel punto l’ultima, attesa, sfida o una insignificante ma fantastica passerella a cronometro?
Affronteranno le giornate di caldo, cercando refrigerio sotto ogni fronda, attaccandosi ad ogni borraccia. Alzeranno lo sguardo verso il cielo, quando le nuvole oscureranno il sole. Indosseranno mantelline, quando le strade scivolose si bagneranno per la pioggia e tutto quello di cui disporranno, quando o se, cadranno fiocchi di neve. Poi ci sarà la STRADA, con le sue impervie salite, le sue lunghe discese, ci saranno loro, gli ATLETI,, che faranno a sportellate, per giungere primi, sui traguardi in volata, sfideranno le leggi della fisica, provando a fermare le lancette prima di ogni altro, quando le tappe saranno prove contro il tempo. Questo è il GIRO D’ ITALIA, un trionfo di emozioni. Una volta un professore al liceo mi ha ripreso e m’ ha indicato una strada importante da percorrere. La vita non è fatta soltanto di pagine, scure, nere e cupe anche se ne caratterizzano una larga fetta, se è vero che la parte bella delle speranze si veste sempre di colore ROSA, è bello sognare o semplicemente immaginare che certi trofei sono spirali che non hanno mai fine, può succedere, una volta tanto, in caso di fortuna, di tornare, per colpa di un maledetto merito, al punto di partenza. THINK PINK…