di Roberto Checchi
Dopo otto anni di viaggi in Carovana, in quel mondo che mi ha sempre affascinato da corridore e poi da addetto ai lavori, son stato costretto in modo obbligato e in maniera forzata, ad abbandonare quella meravigliosa esperienza che Gianni Torriani volle regalarmi appena laureato, a vantaggio di raccomandati e paraculo. Era il 2007, una nota rivista mi chiese di collaborare settimanalmente al racconto delle tappe di quell’ edizione. Ero talmente schifato che vi confesso ci pensai un pò, perché un conto è vivere tutto sulla pelle, un altro è vedere tutto davanti alla televisione, ma un giorno avrò la mia rivincita, perché il detto cinese dell’ attesa sulla riva del fiume è solo questione di pazienza e prima o poi si avvera e mi capiterà di tornare in gruppo. La passione m’ ha sicuramente aiutato a raccontare infinite storie, non so dirvi se sono stato pure bravo, spero almeno originale, come le cose che ho sempre proposto al pubblico. Passeranno ancora anni e diventerò pure vecchio, fosse l’ ultima cosa che faccio nella vita, quel microfono un giorno me lo “ripiglio” che da più l’ idea di riprenderselo…. ho un conto sospeso da un decennio con la fossa dei LEONI !!!!! Possono cambiare gli atleti, i percorsi, i compagni di viaggio, quelli ODIATI o quelli INDIMENTICABILI, ma di un Giro ti resterà per sempre attaccato addosso, anche dopo CENT’ ANNI……!!!
IL COLORE ROSA
Conosco il coraggio, conosco la fatica, conosco il male che fa l’asfalto quando in gruppo c’è la caduta e ti sbarba la pelle, riconosco l’odore del mare e la direzione del vento, il fruscio delle ruote e l’olio canforato quando il gruppo ti passa vicino, quasi ti sfiora.
Mi mancano quei muri di gente ai lati della salita, che sembra sempre non vogliano farti passare e invece all’ ultimo secondo si aprono festanti per far posto all’ eroe di giornata. Ma soprattutto riconosco fra tanti il profumo di un fiore: la ROSA.
Benvenuti al Giro d’Italia!
Pass al collo e via! La piazza è pronta ad applaudire i girini, a far festa con chi fa una fatica bestiale per tremila e più chilometri. Mani che si protendono in avanti per stringerne altre, per ricevere un regalo dalla carovana rosa, preziosa testimonianza per dire «io c’ero!».
Ogni anno la stessa storia, ma sempre differente e sempre più bella da raccontare. Almeno una volta nella vita bisogna esserne stati protagonisti in prima persona per raccontare più di venti giorni di emozioni: l’una è diversa dall’ altra, ma nel corso degli anni tutte ti restano attaccate addosso come una seconda pelle ed entrano a far parte del tuo Dna.
Il microfono è un oggetto grande più o meno come un gelato e se lo guardi non trasmette nessuna emozione. Non ricordo esattamente la prima volta che ne ho stretto uno nella mano, sicuramente per cantare le canzoni di Raffaella Carrà. Di anni, da allora, ne sono passati tanti, e col tempo il gioco di un bambino è diventato qualcosa d’importante.
Il segreto di ogni presentazione è il legame anche piuttosto solido con chi o che cosa si sta per annunciare. Quel legame l’ho stretto da tempo con il Giro, ed è forse la cosa più bella che sappia raccontare. Ci provo anche quest’anno, con il cuore in ogni piazza e in ogni strada, e con la mano protesa verso tutti quelli che incontro in collina o in montagna, sulla riva del mare o affacciati al balcone, quelli che si dissetano a una fontana e quelli che assistono al passaggio della corsa seduti in un prato, sulla sella della bicicletta o semplicemente davanti alla tv, perché sono stato e sarò sempre uno di loro! Buon divertimento.
A Rino, la mia parte di viaggiatore, che un maledetto giorno la savana si è portata via.