Premessa
Mi chiamo Andrea Franceschi e quella che segue è la cronaca del viaggio che insieme a Angelo Sticchi e Giacomo Paradisi abbiamo effettuato nell’agosto del 2012, raggiungendo in bicicletta la città di Barcellona dopo essere partiti da Massa Marittima, in provincia di Grosseto. Quella che ci piace chiamare l’Impresa 2012 nasce da due precedenti esperienze effettuate da Angelo, che lo hanno visto raggiungere Lecce in Puglia nel 2007 e Lione in Francia nel 2008 sempre partendo dalla nostra cittadina. La particolarità di questi viaggi è che sono stati effettuati senza nessun mezzo d’appoggio, utilizzando la bici da corsa attrezzata con un piccolo portapacchi agganciato al tubo sella, con caricato un esiguo bagaglio. In questo modo, con la bici relativamente agile e leggera, è stato possibile percorrere quotidianamente distanze considerevoli.
Cronaca del viaggio Il tragitto pianificato prevede quasi 1500 chilometri da percorrere. La data di partenza è stabilita per venerdì 17 agosto 2012. Il viaggio si articolerà in otto tappe, con l’arrivo a Barcellona previsto per il venerdì successivo. Il sabato sarà dedicato a relax e visita della città dopodiché, in serata, ci imbarcheremo con le bici su una nave per il rientro in Italia. Nel mese precedente la partenza cominciamo a concretizzare l’aspetto organizzativo. Con Giacomo e Angelo ci incontriamo per più sere. Le cose da fare sono tante. Ordiniamo catene, copertoni e altri pezzi di ricambio per le nostre biciclette, che dovranno iniziare il viaggio nelle migliori condizioni possibili di manutenzione. Prenotiamo gli alberghi nei paesi in cui termineranno le otto tappe. Acquistiamo i biglietti per il viaggio di rientro in nave. Facciamo un elenco minuzioso delle cose che dobbiamo portare con noi, eliminando tutto il superfluo e riducendo il nostro bagaglio al minimo indispensabile (pantaloncini, T-Shirt e infradito per la sera, biancheria intima, una maglietta per dormire, spazzolino e dentifricio, camere d’aria, un copertoncino, qualche chiave e lo smaglia catene, fanalino anteriore e posteriore, una pompa, crema solare e qualche farmaco). Il 15 agosto facciamo la prova generale. Ci troviamo con le biciclette in assetto da viaggio, vale a dire: manutenzioni effettuate, portapacchi montato con borse e relativo bagaglio, borsa al manubrio, luci, casco con specchietto retrovisore montato. Percorriamo circa 35 km e tutto sembra funzionare alla perfezione. Certo è un po’ strano sentire la bicicletta appesantita, l’agilità ne risente, e alzandosi sui pedali non bisogna piegare troppo la bici per evitare che le borse sbattano nella ruota posteriore. Al rientro ci fermiamo per fare una foto alle nostre bici pronte e poi tutti a casa a fare il conto alla rovescia.
17 agosto 2012 – 1° TAPPA da Massa M.ma a La Spezia – Km 209 Alle 6:00 sveglia e colazione abbondante. Il ritrovo è fissato alle 6:45 in piazza Garibaldi per la foto di rito davanti al Duomo di Massa M.ma. Alle 7:00 partiamo da Porta al Salnitro. Stefano e Iuri, due amici del Velo Club locale, ci accompagnano per un primo tratto di strada. Percorriamo la statale Massa-Follonica fino al Ponte della Pecora, dove svoltiamo verso Montioni. Traversiamo Suvereto e Cafaggio, saliamo a Campiglia M.ma e scendiamo verso San Vincenzo. Imbocchiamo la Vecchia Aurelia e, a questo punto, Iuri e Stefano svoltano per ritornare a casa. Proseguiamo soli. L’adrenalina e la voglia di pedalare sono al massimo e la nostra andatura ne risente positivamente. Attraversiamo tutti i paesi della costa, Donoratico, Cecina, Vada, Rosignano Solvay, Quercianella. Con un occhio alla strada e un altro verso il mare e i bei paesaggi percorriamo il Romito ed entriamo a Livorno dal lungomare. Ci fermiamo alla rotonda dell’Ardenza per riempire le borracce e mangiare qualcosa. Rimontiamo in sella e proseguiamo per Pisa attraversando tutta Livorno. In breve tempo arriviamo in una piazza dei Miracoli stracolma di turisti. La strada da percorrere è ancora tanta e dopo esserci rinfrescati ad una fontanella rimontiamo in bici. Passiamo da Torre del Lago e arriviamo a Viareggio. Il lungomare è bello e ampio ed è possibile sfruttare qualche ciclabile. Proseguiamo proprio a ridosso della spiaggia passando per Lido di Camaiore, Marina di Pietrasanta, Forte dei Marmi, Marina di Massa, Marina di Carrara. Alla nostra destra, bellissime, svettano le Alpi Apuane.
Ci affianchiamo a numerosi ciclisti che, vedendo il nostro bagaglio, ci chiedono dove stiamo andando, rimanendo increduli nel sentire la nostra destinazione e dubbiosi apprendendo l’assenza di mezzi d’appoggio. Ad un tratto ci chiedono aiuto due ciclisti fermi a bordo strada: hanno forato e serve loro una pompa per gonfiare la camera d’aria sostituita, dopo avere sprecato inutilmente tre bombolette. Anche la pompa non funziona, così scopriamo che nel rimettere il copertone hanno pizzicato la camera d’aria. Effettuata la riparazione ci guidano fino ad una fontanella dove poter riempire le borracce. Ripresa la strada ci accingiamo ad entrare a La Spezia passando sopra Lerici. Incontriamo due o tre gallerie e per la prima volta mettiamo in funzione i fanalini posteriori. Eccoci finalmente sul lungomare del capoluogo di provincia ligure. Non siamo affatto stanchi e saremmo in grado di pedalare ancora. La cosa ci conforta. Seguendo la mappa e chiedendo qualche indicazione, riusciamo ad arrivare davanti al palazzo dove si trova l’appartamento dove passeremo la notte. In casa, però, non c’è nessuno e chiamando i due numeri di cellulare che abbiamo, uno risulta sbagliato e all’altro non ci viene risposto. Il tempo passa e cominciamo a spazientirci: abbiamo decisamente voglia di una bella doccia. Ad Angelo viene l’idea di chiedere all’interno del negozio presente nel palazzo e fortunatamente la proprietaria conosce bene l’affittacamere e ci dice dove trovarla. Eccoci finalmente in casa dopo avere affrontato un piano di strette scale con la bicicletta in braccio. L’appartamento è occupato solo da noi. La signora ci illustra la sua disposizione e registra i nostri documenti. Espletate le formalità se ne va e così riusciamo a fare la doccia in tutta tranquillità. Laviamo i completini indossati, che dovremo riutilizzare l’indomani, e li tendiamo in uno stretto terrazzo che si affaccia in una corte interna. È quasi ora di cena quando usciamo per cercare un ristorante dove mangiare. Prima, però, individuiamo un Supermercato dove acquistare il necessario per fare colazione e per prepararci dei panini per l’indomani. Malgrado il caldo afoso che ammorba La Spezia ceniamo all’aperto in un ristorante nel centro. A tavola parliamo fra noi della giornata trascorsa e di quelle a venire e così i nostri vicini di tavolo, marito e moglie sui cinquanta, ci ascoltano e danno il via ad una piacevole conversazione. All’arrivo del loro antipasto, un piatto consistente in piccoli moscardini immersi nell’aceto e fritti, ci chiedono di porgere i nostri piatti e ce ne servono un’abbondante porzione. Poi mangiamo pasta e carne bianca, un dolce, acqua e vino e siamo pronti per andare a dormire. Nell’appartamento la temperatura è elevata e dobbiamo tenere le finestre aperte. L’emozione per la giornata trascorsa rende difficile trovare il sonno. L’appartamento è proprio accanto al mercato coperto e, a mezzanotte, una colonia di operosi cinesi comincia a montare banchi e a trasportare materiale, facendo un frastuono infernale e continuo. Sembra di essere all’interno di una fabbrica. Giacomo sembra riuscire a trovare il sonno, ma io e Angelo siamo disperati. Sopraffatti dal caldo e dal rumore ci giriamo nel letto in continuazione. Alla fine, ricorrendo ai tappi per le orecchie che avevamo portato, riusciamo ad attutire un po’ i rumori e a chiudere gli occhi per un paio di ore.
18 agosto 2012 – 2° TAPPA da La Spezia a Finale Ligure – Km 189 Le 6:00 arrivano in un attimo e la sveglia di Angelo è impietosa nel richiamarci dal sonno. Verso le 7:30 siamo in strada. Cominciamo a risalire le montagne alle spalle de La Spezia, affrontando subito una galleria molto lunga per poi immetterci nuovamente nella SS1 Aurelia. La strada corre a fondo valle, vicino a un torrente, circondata da abeti e altri alberi; ogni tanto incontriamo qualche agglomerato urbano e molti saliscendi; il traffico è scarso. Passiamo da La Foce, Caresana, Bocca Pignone, Borghetto di Vara, L’Ago, Roverano, Carrodano e poi affrontiamo la salita che ci porta al Passo del Bracco, 615 m s.l.m. L’altitudine non è elevata, ma la salita è comunque impegnativa, anche perché si fa sentire la stanchezza relativa ai chilometri del giorno precedente ed alla notte insonne. La discesa dal versante opposto del Bracco è lunga e piacevole e a Sestri Levante, dove facciamo una piccola sosta per mangiare qualcosa, la strada torna a correre nuovamente di fianco al mare snodandosi con continui saliscendi sulle montagne a ridosso.
Attraversiamo, fra i tanti paesi, anche Lavagna, Chiavari e Rapallo, dove riempiamo le borracce, Portofino, purtroppo, è sul promontorio e dovremmo fare una deviazione dal percorso per visitarlo, ma non c’è tempo, dobbiamo attraversare tutta Genova e vogliamo farlo quanto prima. Proseguiamo per Recco, Pieve Ligure, Bogliasco, Nervi, Quinto al Mare ed arriviamo finalmente alle porte di Genova. Siamo alla continua ricerca di acqua, perché il caldo è veramente tanto e dobbiamo bere in continuazione. Attraversiamo Genova subito dopo l’ora di pranzo. Percorriamo i vari quartieri, passiamo sopra al Porto Vecchio con l’Acquario e il Galeone, vicino ai contorti vicoli dove si trova la Via del Campo di De Andrè. Attraversiamo gli ultimi sobborghi di Genova e altri paesi: Sampierdarena, Sestri Ponente, Pegli, Pra, Voltri, Arenzano, Cogoleto, Sant’Ambrogio, Varazze, Celle Ligure, Albisola Marina giungendo infine a Savona, dove ci fermiamo per un po’ d’acqua. È praticamente da stamani mattina, dopo essere arrivati sulla costa dal Passo del Bracco, che gli agglomerati urbani si susseguono più o meno ininterrottamente, stretti fra il mare e le montagne. Finisce un paese e ne inizia un altro. Essendo zone di mare c’è decisamente movimento e il vedere un po’ di bagnanti ci distrae dalla fatica. Ripartiamo per l’ultimo sforzo, passiamo da Vado Ligure, Bergeggi, Spotorno, Noli, Varigotti. Il tratto di costa è veramente bello, la luce pomeridiana è ideale per valorizzare il paesaggio. Ci fermiamo un attimo a ridosso della spiaggia. Oramai siamo alle porte di Finale Ligure dove ci attende il B&B prenotato. Arriviamo a Finale e chiediamo indicazioni sulla strada per raggiungere l’albergo. La via si inerpica verso le irte colline alle spalle del mare. Percorriamo qualche chilometro, ma del B&B nessuna traccia. Ci fermiamo a suonare i campanelli di un paio di abitazioni, ma, delle persone che vengono ad aprire, nessuno conosce il nostro albergo. Alla fine chiamiamo il proprietario che ci viene incontro con lo scooter. Lo vediamo arrivare dopo pochi minuti, insieme alla figlia più piccola. Arriviamo così ad un vecchio podere ristrutturato e attrezzato come B&B, collocato su una collina a pochi chilometri da Finale. I locali sono arredati con gusto, utilizzando vecchi mobili e oggetti curiosi e tipici. Il nostro bagno è enorme e pulito. Ci infiliamo subito sotto la doccia ritemprandoci.
La proprietaria è gentilissima, raccoglie i nostri completini e li mette in lavatrice. Non avendo voglia di percorrere la lunga strada fino a Finale e risalire fin quassù di nuovo con il buio, chiediamo se possono prepararci qualcosa per cena. Ci rispondono che la licenza del B&B, come dice il nome, consente di somministrare solamente la colazione e non è possibile fornire i pasti. Poi, di fronte alla nostra insistenza, capitolano e dicono che con i clienti la cosa non è possibile, però, se vogliono invitare a cena degli amici, nessuno può sollevare obiezioni. Poco dopo le otto ci avvertono che la cena è pronta. La tavola, apparecchiata in maniera semplice ma graziosa, è posta sotto la veranda adiacente ad un piccolo prato con sdraio che si affaccia verso la collina di fronte, imporporata dal sole che tramonta. Sopra la tovaglia ci sono un grosso piatto con insalata di riso, due torte salate, pane, condita di pomodori e della macedonia. Stappiamo alcune birre e due bottiglie ghiacciate di un vino rosso frizzantino. Affamati iniziamo a mangiare, conversando piacevolmente del più e del meno. C’è una chitarra nel soggiorno, chiedo se posso prenderla e, fra gli sguardi divertiti degli altri, canto e suono La Tirignozzola, una canzone in dialetto maremmano. Dopo cena ci mettiamo al fresco sulle sdraio, contemplando il cielo e la vista che si ha da quell’altezza. La serata vola via veloce conversando con i proprietari. Quando andiamo a pagare grande è la sorpresa nello scoprire che non vogliono che paghiamo la cena. La proprietaria ci dice laconica: “non abbiamo detto che siete degli amici nostri ospiti?”. Finalmente a letto. Fa abbastanza caldo, ma il silenzio stasera è assicurato.
19 agosto 2012 – 3° TAPPA da Finale Ligure a Grasse – Km 186 Alle 6:00 la sveglia nel telefono di Angelo ci desta da un sonno profondo. Ci alziamo e iniziamo i soliti preparativi. Stendiamo il completino dal terrazzo sul tetto del B&B, ci spalmiamo la crema solare su viso e braccia, quella idratante sulle chiappe, facciamo un po’ di stretching, carichiamo le nostre cose nelle borse sulle bici, riempiamo una borraccia con acqua e l’altra con acqua e sali minerali e ci mettiamo a tavola per la colazione. Intorno alle 7:20 siamo di nuovo a pedalare sulla vecchia Aurelia. È domenica e ci sono molti ciclisti sulla strada. Percorriamo alcuni chilometri con un grosso gruppo, ragazzi giovani e ben allenati, infiliamo veloci un paese dietro l’altro. Attraversiamo Pietra Ligure, Loano, Borghetto Santo Spirito, Ceriale, Albenga, Alassio, Laigueglia, San Bartolomeo al Mare, Diano Marina, Imperia. Ad un certo punto un ciclista ci fornisce qualche dritta per individuare le ciclabili presenti. In particolare a San Lorenzo al Mare ci fa entrare in una bellissima ciclabile costruita sul tracciato della vecchia ferrovia, che corre proprio sul bordo del mare e prosegue per circa venti chilometri fino ad Ospedaletti. La ciclabile è bella e frequentatissima. C’è chi cammina, chi pedala, chi pattina. I panorami sono notevoli e pedalare senza incontrare mezzi a motore è l’ideale. Dopo i primi chilometri il nostro amico fa dietro front per ritornare verso casa, mentre noi proseguiamo per San Remo dove abbandoniamo la ciclabile per entrare nel centro e fare qualche foto davanti al Teatro Ariston e al Casinò. Poi siamo di nuovo in sella verso il confine. Passiamo Bordighera e giungiamo a Ventimiglia, dove facciamo una sosta per comprare panini e frutta, che consumiamo nei giardini lungomare. La Francia è ormai a un passo e, impazienti di calcare il suolo straniero, rimontiamo in sella. Percorsi pochi chilometri, nello scendere verso il mare dopo una lunga galleria in salita, troviamo il cartello che ci segnala l’inizio della Francia e dopo poco ci troviamo sul lungomare di Mentone. Facciamo un po’ di strada accanto a una coppia di turisti in bici stranamente assortiti. Lei è dell’est Europa e lui di Napoli; sono saliti in Liguria con la macchina e hanno intenzione di vistare la zona con le bici. Passiamo Cap Martin e dopo qualche chilometro scorgiamo dietro a un promontorio i grattacieli di Montecarlo; affascinati, decidiamo di scendere verso il famoso Principato.
Dopo qualche galleria e senso unico passiamo sopra al porto e nei pressi della Residenza dei Ranieri. Proseguiamo sulla strada costiera e attraversiamo Cap d’Ail, Eze, Beaulieu sur Mer, Villefranche sur Mer, dove ci fermiamo a prendere l’acqua e incontriamo in un piccolo mercato un italiano con una bancarella, che appresa la nostra destinazione urla incredulo e contento ai presenti che gli italiani sono troppo forti e non tiene loro testa nessuno, poi ci saluta augurandoci ogni bene. La strada prosegue in leggera ascesa ed ecco che finalmente, dietro ad una curva, ci appare, magica e assolata, Nizza con la sua Promenade e il suo mare azzurro. Scendiamo verso la spiaggia gremita di bagnanti. Proseguiamo sulla ciclabile lungo la riva e, poco prima di arrivare a Cap d’Antibes, svoltiamo verso l’interno cercando di individuare la strada per Grasse. Le indicazioni non sono molto chiare e le persone alle quali chiediamo aiuto ci forniscono informazioni discordanti. Alla fine una ragazza in MTB ci indica la giusta direzione. La strada si allontana dalla costa salendo verso le colline dell’entroterra e ponendoci subito di fronte a pendenze impegnative; per fortuna il sole sta scendendo e fa un po’meno caldo. Dopo qualche piccolo paese all’inizio non incontriamo altri centri abitati per rifornirci d’acqua e la nostra riserva comincia prima a scarseggiare e poi termina. Angelo fora la ruota anteriore e mentre sostituiamo la camera d’aria, Giacomo, che è il più parsimonioso di noi, tira fuori dalla sua borsa una lattina di Red Bull, che ci scoliamo in un attimo. Ripartiamo e finalmente, dopo una strada in discesa con pendenze del 18%, arriviamo ai piedi di Grasse, il cui nucleo urbano si estende sulla collina davanti a noi. La città è famosa per la produzione dei profumi e, nell’affrontare la salita per raggiungere il centro, l’odore di essenze nell’aria, diffuso dalle numerose fabbriche, è molto forte. L’albergo risulta essere in cima al paese, ma, prima di raggiungerlo, troviamo un supermercato aperto e, finalmente, ci dissetiamo scolandoci una coca cola fresca. Dopo doccia e bucato, prima di scendere nel centro storico per la cena, ci fermiamo a guardare il panorama che si vede dal giardino dell’albergo. Il paese domina una serie di colline densamente abitate, che digradano verso il mare della Costa Azzurra, che appare in lontananza. Il sole sta scendendo e lo spettacolo è bellissimo. In centro chiediamo consiglio a due abitanti di Grasse su dove cenare.
Diciamo loro che abbiamo bisogno di mangiare pasta, che è il primo alimento del ciclista, perché veniamo in bicicletta da Firenze, in Toscana – città che sicuramente conoscono, che vuoi che sappiano dov’è Massa??, e che dobbiamo pedalare fino a Barcellona. Dopo la consueta incredulità sul viaggio, la coppia ci dice che la Toscana è veramente molto bella e che loro, due anni fa, sono stati ospiti da alcuni amici in un paese delizioso, con una piazza bellissima, vicino alla quale c’è un dipinto che raffigura un albero con dei falli, si chiama … Marittima, … Massa Marittima! E a questo punto siamo noi a rimanere increduli. Piccolo il mondo, vero? Consumiamo la cena in un ristorante italiano consumando del vino rosato, bevanda che sarà il filo conduttore delle nostre serate a venire. Risaliamo faticosamente le numerose scale che portano all’albergo e, dopo un ultimo sguardo alla distesa di luci che si estendono a perdita d’occhio davanti a noi, andiamo a dormire. Alla reception ci informano che la colazione non può essere servita prima delle otto e, in considerazione di ciò, io e Giacomo chiediamo ad Angelo, che acconsente, di programmare la sveglia non per le 6:00, come d’abitudine, ma per le 7:00, in modo da dormire un po’ di più.
20 agosto 2012 – 4° TAPPA da Grasse a Les Salles sur Verdon – Km 135 Quando il cellulare suona siamo più assonnati che mai e nel guardare l’orologio mi accorgo che sono le 5:45, un quarto d’ora prima delle altre mattine. Il messaggio di Angelo è chiaro: l’orario della sveglia non si discute. Per il futuro ci guarderemo bene da chiedere altri posticipi. La colazione dell’albergo è a buffet e dopo avere mangiato l’impensabile fra salato e dolce, facciamo scorta di quello che ci può servire per la giornata. Ci prepariamo qualche panino con formaggio e affettati, prendiamo marmellata, miele e qualche plum cake. Dietro alle colline, verso il mare della Costa Azzurra, il sole sta sorgendo. La strada che dobbiamo percorrere è proprio quella sulla quale è posizionato l’albergo, e ci troviamo ad affrontare, con le gambe ancora fredde, la salita che ripida si snoda sui rilievi montuosi alle spalle di Grasse. Per fortuna la sede stradale è ampia, il fondo è buono e il traffico è decisamente limitato. Dopo qualche chilometro entriamo nella route Napoléon, storica strada che ci porterà fino nel cuore del Parco Naturale Regionale del Verdon.
Dopo una breve discesa attraversiamo il borgo di Saint Vallier de Thiey, dove ci fermiamo un attimo alla ricerca di una farmacia: Angelo ha un forte mal di gola e vuole comprare qualche farmaco specifico. La ricerca è infruttuosa e riprendiamo la nostra ascesa, inoltrandoci verso l’interno. La strada segue il fianco della montagna, affrontiamo salite e discese, e ci inoltriamo in gole e altopiani circondati da montagne con conifere e macchia sui fianchi e con le cime spoglie e suggestive. Attraversiamo i piccoli agglomerati urbani di Les Amphons, La Colette e Escragnolles e superiamo il Col de Valferrière a 1169 metri, proseguendo su un altopiano circondato da rilievi rocciosi. Viaggiamo veloci circondati da questo scenario meraviglioso. Passiamo da Villaute, Le Mousteiret, La Batie, La Garde e La Lagne, fino a raggiungere il paese di Castellane, gemellato con Pescasseroli, vero punto nevralgico del Parco Regionale del Verdon. Entriamo in paese attraversando il vecchio ponte in pietra, proprio ai piedi di un enorme blocco di roccia sulla cima del quale svetta, incredibilmente, una chiesa. Nella piazza c’è un mercatino con bancarelle che offrono prodotti alimentari e curiosi souvenir.
Il paese pullula di turisti francesi e stranieri. Angelo approfitta della presenza di una farmacia per comprare uno spray per la gola, anche se non riesce ad ottenerne uno con antibiotico come vorrebbe, perché occorre la ricetta medica. Riempite le borracce riprendiamo il viaggio ed entriamo nella strada D952 che, finalmente, ci porta nelle “gorges”, le gole del Verdon. Le temperature cominciano ad essere elevate, la sede stradale è stretta e il traffico sostenuto. C’è da dire, rispetto all’Italia, che le autovetture ci stanno dietro disciplinatamente e ci sorpassano solo quando riescono a farlo frapponendo fra noi e loro non meno di un metro e mezzo di spazio. In effetti, sulla Route Napoléon abbiamo trovato numerosi cartelli che regolamentano il sorpasso delle auto alle biciclette, imponendo il rispetto di questa distanza. La strada corre inizialmente in basso, dentro ad una gola sovrastata da ripide pareti di roccia, seguendo il corso d’acqua lungo il quale numerosi turisti si fermano a fare il bagno.
Dopo alcuni chilometri iniziamo a salire verso l’alto, sfidando le pareti rocciose. Poco prima di arrivare al Point Sublime, uno dei punti panoramici più suggestivi delle gole dal quale si gode di una magnifica prospettiva sul canyon sottostante, ci fermiamo ad un piccolo bar sedendoci ad uno dei tavoli all’esterno, posizionati sul lato della strada che si affaccia a strapiombo sul fiume. Ci riposiamo e beviamo una bibita fresca. Dal gestore del bar, un signore piccolo e simpatico con il quale Angelo intavola una discussione sulla comune passione per la Vespa, ci facciamo riempire le borracce con acqua e ghiaccio. Riprendiamo il cammino malgrado il termometro del ciclo computer di Giacomo indichi 41 gradi. Dopo il Point Sublime la strada scende, per poi tornare nuovamente a salire fino a La Palud sur Verdon, dove dobbiamo rifornirci d’acqua ancora una volta, e al Col d’Ayen a quota 1031 metri. Affrontiamo una nuova discesa ed ecco che, dopo alcuni chilometri di strada caratterizzata da rocce a destra e strapiombo sul fiume a sinistra, scorgiamo, alla fine della gola, il lago di Sainte Croix. Le sue acque e quelle del fiume che vi confluisce hanno un colore turchese intenso e sono solcate da una miriade di imbarcazioni dai colori più disparati. Ci fermiamo in un punto panoramico ad osservare questo spettacolo mozzafiato.
Facciamo il nostro ingresso a Les Salles sur Verdon, un paese che sorge sul bordo del lago, dove abbiamo prenotato l’albergo per la notte. La tappa di oggi è la più corta del viaggio e siamo nettamente in anticipo rispetto all’orario abituale di arrivo, per cui ci fermiamo a mangiare qualcosa all’ingresso del paese. L’albergo risulta essere molto carino, con un ampia terrazza lastricata attrezzata con tavoli e sdraio, che si affaccia su un prato che degrada verso il lago. Saliamo nella nostra camera, laviamo i completini e ci facciamo la doccia, dopodiché ci infiliamo il costume e scendiamo al lago per fare un bagno. L’acqua non è fredda e dopo qualche bracciata ci fermiamo con le gambe a mollo a parlare del più e del meno. Ritemprati rientriamo in albergo per farci una doccia veloce e uscire di nuovo per la cena. Conosciamo una coppia italiana in viaggio con la moto, che soggiorna in paese da qualche giorno. Ci scambiamo racconti e impressioni sui rispettivi viaggi. Il paese è piccolo e i turisti presenti sono molti. I locali sono tutti al completo e la scelta, alla fine, ricade sull’unico ristorante con dei tavoli ancora liberi. Ordiniamo un menù che prevede un’insalata Nicoise, un entrecote con patate fritte e insalata, e un formaggio. Annaffiamo il tutto con il solito vino rosato. A fine pasto ci alziamo soddisfatti, sazi e un po’ ebbri. In un angolo della piazza c’è un palco con un cantante e un tastierista di colore che suonano e cantano niente male. Qualcuno accenna a ballare. Per noi, però, si è fatto tardi e dopo avere consumato un frullato di frutta rientriamo in albergo.
21 agosto 2012 – 5° TAPPA da Les Salles sur Verdon al Mont Ventoux – Km 165 Dopo la sveglia spalanchiamo la finestra della nostra camera vista lago. C’è ancora poca luce e sopra l’acqua immobile è presente un po’ di foschia. È come essere di fronte ad un dipinto. Ci accorgiamo che nel prato che degrada verso la riva ci sono alcune piccole lepri o conigli selvatici che saltellano. Scendiamo per la colazione, ma siamo in anticipo rispetto all’orario. Allora, recuperate le bici da una stanza di sgombro dove le avevamo posteggiate, ci dedichiamo alla pulizia e oliatura della catena. Finalmente ci viene servita la colazione che è continentale. Pane e marmellata sono contati e non abbiamo modo di prepararci dei panini per il viaggio. Saliamo in bici percorrendo in senso contrario gli ultimi 10 km di strada della tappa precedente. Costeggiamo il lago che a quest’ora è deserto, ed è ancora più affascinante. Ci fermiamo sopra il ponte a guardare la vicina gola del Verdon, con il fiume che ne esce. Il sole è ancora basso e i colori esprimono tutta la loro intensità. Proseguiamo passando accanto a Moustiers Sainte Marie, un paese arroccato a ridosso di una montagna.
Traversiamo Riez e raggiungiamo Valensole. Siamo ancora all’interno del Parco del Verdon, ma i paesaggi sono molto diversi da ieri. Percorriamo pianori e superiamo colline abbastanza morbide. Ci sono campi enormi coltivati a grano, ormai tagliato, e altri con file interminabili di piante di lavanda. Malgrado non sia più il periodo della fioritura e la spiga sia assente o molto piccola, l’aria è pervasa da un intenso profumo portato dal vento teso e caldo che soffia in zona. Le strade sono secondarie e poco transitate. Molte case a Valensole e lungo la strada hanno elementi costitutivi a colori pastello. C’è una netta predominanza del verde e soprattutto del viola tenue, come il colore della spiga della lavanda. Purtroppo non riusciamo a trovare acqua per il rifornimento. Nelle poche fontane che incontriamo è presente la scritta acqua non potabile. Per fortuna non fa ancora troppo caldo ed andiamo avanti senza troppe difficoltà. Proseguiamo lungo la strada D6 fino raggiungere la città di Manosque. Ci fermiamo in periferia, in un grande centro commerciale, a comprare frutta, panini e acqua. Ripartiamo, ma la città è abbastanza grande e nell’attraversarla non riusciamo ad individuare la direzione corretta.
I cartelli non ci aiutano granché. In Francia c’è la tendenza a segnalare i paesi più prossimi, mentre le località più lontane, sebbene importanti o turistiche, non sono indicate. Chiediamo più volte aiuto a negozianti o abitanti, ma le informazioni fornite sono complicate e confuse. Inoltre, quando diciamo che dobbiamo andare sul Mont Ventoux, tutti ci rispondono: “Mont Ventoux? No no no! Siete pazzi? È molto lontano ed è troppo caldo!”. Finalmente, dopo avere perso un bel po’ di tempo, riusciamo ad uscire da Manosque e ad imboccare la strada giusta. I saliscendi sono lunghi e continui, soffia ancora un vento caldo e teso, ma per fortuna il cielo si sta un po’ velando e i raggi del sole arrivano leggermente smorzati, anche se le temperature sono comunque elevate. Incontriamo molti bivi e ancora poche indicazioni, per cui permane qualche dubbio sulla correttezza della nostra direzione. Passiamo da Saint Michel l’Observatoire, una località con un osservatorio astronomico. Nella campagna sono presenti alcune costruzioni a sfera che devono essere punti di osservazione. I paesi sono distanti l’uno dall’altro, per cui dobbiamo fare molta attenzione ad amministrare la riserva d’acqua. Proprio a Saint Michel l’Observatoire facciamo una sosta brevissima per bere una coca cola e riempire le borracce con ghiaccio, acqua e sali minerali. Fa veramente molto caldo, ma per fortuna il cielo continua ad essere un po’ velato. Pedaliamo un po’ più lentamente, ma con continuità. Arriviamo a Banon e ci fermiamo a riposarci nella piccola piazza principale. Ci concediamo di mangiare un gelato e dei cornetti appena sfornati. Recuperate le forze ripartiamo, con i pensieri sempre più indirizzati al gigante di pietra che prima di sera dovremo scalare. Da Banon percorriamo un tratto in salita che ci immette in un vasto altopiano con campi coltivati, dove il vento ci porta di nuovo il profumo della lavanda. Ad ogni curva scrutiamo l’orizzonte alla ricerca della cima calva del monte, ma c’è un po’ di foschia e non riusciamo ancora ad individuarlo. Passiamo Revest du Bion e proseguiamo fino a Saint Trinit, dove la strada inizia a scendere. Ecco che, con un tuffo al cuore, scorgiamo in lontananza, avvolta dalla foschia, la sagoma del Mont Ventoux, con la sua cima inconfondibile. Nel campo di grano a lato della strada c’è un enorme trattore costruito con presse e rotoballe di fieno. Il giallo intenso del campo in salita contrasta meravigliosamente con l’azzurro striato da nubi bianche del cielo.
Imbocchiamo la discesa che ci conduce a Sault. Qui comincia la salita di 26 chilometri che ci porterà sulla vetta. Prima di affrontare l’ascesa ci fermiamo a riprendere fiato e concentrazione. Mangiamo i panini e la frutta rimasti. Alla fontanella riempiamo le borracce, bagniamo guanti e bandana, e rimontiamo in sella. Siamo ormai nel pomeriggio, il sole sta calando e permane un po’ di foschia. La prima parte della strada porta su un contrafforte del monte e corre fra i campi, per poi infilarsi tra gli alberi di alto fusto. Le pendenze non sono eccessive ma le affrontiamo comunque con un rapporto agile. A quest’ora il traffico è molto limitato e apprezziamo ancora di più la bellezza del paesaggio circostante. Pian piano la vegetazione si dirada fino a scomparire, permangono solamente qualche basso cespuglio e dei bei fiori irti di spine acuminate. È questo il tratto più suggestivo. Il paesaggio è lunare, sono presenti solo ghiaioni e grossi sassi color crema. La strada taglia ripida il fianco sassoso della montagna, come una lunga e profonda cicatrice. La vediamo raggiungere la cima del monte dove svetta un ripetitore. La pianura che scorgiamo in basso, oltre lo strapiombo a sinistra della strada, è sempre più lontana. La pendenza ora si è fatta molto impegnativa e continuerà così fino alla cima, con alcuni strappi ancora più duri. Sul manto stradale sono presenti molte scritte, più o meno recenti, fatte dagli appassionati di ciclismo per incitare i numerosi campioni che qui hanno corso.
Continuiamo a pedalare, alzandoci ripetutamente sui pedali. Troviamo alcuni ciclisti che tornano a valle. Poco prima della vetta, sulla destra, ci fermiamo alla lapide che ricorda il ciclista inglese Tom Simpson, che morì in questo punto nell’edizione del Tour del 1967. Sono presenti varie targhe alla memoria, borracce e altri oggetti lasciati dai cicloamatori. Nell’affrontare l’ultimo tratto di salita veniamo superati da un paio di auto di turisti che ci incitano nell’azione e quando finalmente arriviamo in vetta, entrando nel piazzale dove è collocato il cartello “Sommet Mont Ventoux – 1912 m”, i presenti ci tributano un applauso.
Il sole è ormai velato dalla foschia e soffia un vento persistente e freddo. Nelle giornate limpide la vista che si può godere da quassù deve essere veramente mozzafiato e, malgrado oggi la visibilità sia ridotta, il fascino del Monte rimane inalterato. Siamo arrivati con le biciclette e la sola forza delle gambe sulla sommità di questa pietraia che si estende per chilometri creando un’atmosfera surreale e magica. Il vento sibila intorno a noi e, ascoltando con attenzione, riusciamo a cogliere al suo interno il respiro affannato dei tanti campioni che si sono dati battaglia su questo percorso. Aspettiamo il nostro turno per fare la foto accanto al cartello della cima e poi ci infiliamo velocemente il K-way, dato che siamo decisamente sudati. Una delle maggiori difficoltà che avevamo messo in conto di dover affrontare nell’ascesa era il caldo ed invece è dal freddo che dobbiamo difenderci. Il luogo dove pernottare è a circa 4 chilometri dalla cima, scendendo verso Malaucène. Affrontiamo la discesa. Anche da questo versante il panorama è bellissimo e la strada corre a strapiombo ritagliata nel fianco sassoso della montagna. La pendenza è notevole e come molliamo i freni raggiungiamo in un attimo i 70/80 km orari. Con la bicicletta attrezzata con portapacchi e borse, non ce la sentiamo di andare oltre, ma siamo convinti che, in condizioni normali, i 100 km di velocità sarebbero facilmente raggiungibili. Imboccato un larghissimo stradone che si diparte dalla strada principale, raggiungiamo il Camping Le Mont Serein, proprio sotto la cima della montagna. Nel presentarci alla reception ci accorgiamo che si tratta di un vero e proprio campeggio. Vediamo numerose roulotte e tende e ci viene il dubbio che ci sia stato un malinteso al momento della prenotazione. Invece è tutto a posto: sono presenti anche alcuni bungalow in legno. Ci viene assegnato il numero 4. Mancano gli asciugamani e il sapone ma, chiedendo in direzione, ci vengono forniti i teli, mentre provvediamo a comprarci un flacone di doccia schiuma allo spaccio. Ceniamo nel bar ristorante del Campeggio. La serata è serena e calda e optiamo per mangiare fuori sui grandi tavoli di legno massello. Ordiniamo entrecote e patatine fritte e l’immancabile caraffa di vino rosato. Mangiamo con appetito, scambiandoci impressioni sulla giornata appena trascorsa e sulla scalata di questo monte leggendario. Siamo oltre la metà del viaggio, sia in termini di giorni, che di chilometri percorsi, e ci sentiamo ancora in gran forma. Nel bungalow sono presenti due camere. Giacomo e Angelo si sistemano in una e io nell’altra. Steso sul letto, dalla finestra della mia stanza, riesco a vedere il cielo stellato con il profilo calvo della montagna e, alla sua sommità, la luce rossa intermittente posta sul ripetitore. Mi addormento con questa immagine negli occhi.
22 agosto 2012 – 6° TAPPA da Mont Ventoux a Montpellier – Km 180 Appena alzati usciamo sulla veranda del bungalow. Il sole è ancora basso e la luce, che arriva fra gli alberi di conifere riflessa dai sassi della montagna, crea un’atmosfera molto suggestiva. Facciamo colazione con caffè e latte, cornetto, baguette, burro e marmellata. Per il pranzo, però, dovremo arrangiarci. Saliti in bici ripercorriamo in senso contrario l’enorme stradone con a lato gli impianti invernali di risalita e raggiungiamo la strada che scende dalla cima verso Malaucène, distante circa 14 km. La discesa è bella e il fondo stradale è buono. Lungo la strada incontriamo numerosi ciclisti che affrontano l’ascesa e ci sono anche molte persone che salgono a piedi. Un bella podista sui 50 anni che avanza con passo deciso verso la cima ci ferma e ci chiede se possiamo dargli qualche sorso d’acqua. Angelo gli offre la borraccia appena riempita e lei beve, ci ringrazia e riprende a salire. Raggiungiamo Malaucène che brulica di ciclisti che arrivano con le auto, posteggiano e, scaricata la bicicletta, salgono verso la cima del mitico Mont Ventoux. Proseguiamo verso Carpentras alla volta di Avignone. Inizialmente percorriamo strade di campagna passando accanto a Le Barroux con il suo bel castello. In prossimità di Carpentras le strade cominciano ad essere sempre più grandi e transitate ed ecco che, malgrado le indicazioni chieste, ci troviamo a percorrere una strada a quattro corsie con tanto di barriera di cemento al centro. Il fondo della strada è buono, l’asfalto è nero e di recente posa, ma il traffico è decisamente sostenuto. Cerchiamo di viaggiare nella corsia di emergenza, facendo molta attenzione ai frequenti vetri frantumati e ad altri detriti e sporcizia. Ci disponiamo in fila indiana e pedaliamo con energia, a testa bassa, dandoci frequenti cambi e stando attenti a segnalare ai compagni la benché minima situazione di pericolo.
La strada è molto scorrevole e prendiamo un ritmo considerevole, raggiungendo punte di velocità di oltre 50 km orari. L’asfalto fila via veloce sotto le nostre ruote e sui cartelli stradali i chilometri che indicano la distanza da Avignone diminuiscono rapidamente. Dopo 45 minuti, a Le Pontet, ormai in prossimità della città dei papi, decidiamo di uscire alla ricerca di un percorso più adatto alle nostre due ruote. Fatti pochi chilometri arriviamo ad Avignone ed entriamo nel centro storico. Raggiungiamo la piazza del Palazzo dei Papi affollata di turisti. Percorriamo la strada principale passando davanti alla Torre con il Carillon, all’Hotel de Ville e al Teatro. Dobbiamo attraversare il Gard, il fiume che bagna Avignone, e l’operazione diventa più difficile del previsto. Il ponte che abbiamo intenzione di percorrere è oggetto di grossi lavori di ristrutturazione e al suo imbocco è presente un cartello che vieta espressamente l’accesso alle biciclette e ai pedoni. Passare dall’altro ponte sembra complicarci decisamente il tragitto e alla fine decidiamo di percorrere il Pont de l’Europe malgrado il divieto, pedalando veloci e in fila indiana. Giunti sull’altra riva abbiamo difficoltà ad individuare la strada per Nimes, prima città di grosse dimensioni sul nostro tragitto.
Chiediamo informazioni ad un podista abbronzato e sudatissimo, che corre con in mano il telefono e una bottiglia d’acqua. Ci consiglia di seguire le indicazioni per Aramon e ci invita a proseguire per la strada sulla quale ci troviamo, che serve una zona residenziale. Dopo qualche chilometro, però, siamo di nuovo sulla route nationale, una strada di grande comunicazione a doppio senso di marcia. Ci rendiamo conto che in questa zona non ci sono strade alternative di piccole dimensioni e avuta conferma che vi è consentita la circolazione alle biciclette, la percorriamo utilizzando la corsia di emergenza. Giunti ad Aramon facciamo una sosta per mangiare. Troviamo un forno che vende baguette già farcite e altri articoli alimentari. Ci mettiamo a consumare il pasto nella piazza vicino alla fontana. Riprendiamo il cammino passando da Montfrin, dopo aver individuato alcune strade secondarie che attraversano vasti vigneti. La terra nei campi è arida e sassosa. Siamo nelle ore centrali della giornata e le temperature sono molto elevate. Intorno alle 14:30 facciamo il nostro ingresso a Nimes e, dato un breve sguardo al centro storico, ci mettiamo a sedere ad un bar situato proprio davanti ad una fontanella. Beviamo, riprendiamo un po’ di energie e, dopo esserci rinfrescati e avere riempito le borracce alla fontana, siamo di nuovo in sella. I chilometri percorsi evidenziati dal ciclo computer aumentano rapidamente e finalmente, dopo aver lasciato la costa la sera del terzo giorno inoltrandoci verso Grasse, ci troviamo nuovamente a viaggiare in prossimità del mare. Siamo ormai alla porte di Montpellier, città che conta 250mila abitanti come nucleo urbano e 400mila con l’hinterland. Arrivare al nostro albergo non sarà facile.
Chiedendo indicazioni strada facendo, giungiamo nella piazza principale di Montpellier. Notiamo la presenza dell’Ufficio Informazioni Turistiche e con Angelo entriamo. Ci rivolgiamo con il nostro brillante francese ad una delle ragazze dietro al bancone la quale, prima di risponderci, chiede di quale nazionalità siamo e, sentita la risposta, ci dice: “allora parlate in italiano, che è meglio! Sono italiana anch’io!”. Ricevute le informazioni nella nostra lingua madre, attraversiamo un quartiere moderno con statue e fontane, e passiamo il fiume. Chiediamo ancora una volta aiuto ad una ragazza. In genere, quando domandiamo informazioni sulla strada da percorrere, chi ci risponde termina con la litania “tout droit, tout droit, tout droit”. Ripetendo per tre o quattro volte tutto a dritto, intende comunicarci che il luogo è lontano. Così, quando la biondina conclude scandendo una sola volta “tout droit”, pensiamo: “siamo arrivati”. In effetti, imboccata una grossa via arriviamo al residence. Siamo stanchi e sudati e nella reception c’è l’aria condizionata a palla. Angelo, che sta ancora combattendo con il mal di gola, ci aspetta fuori. Il ragazzo dietro al bancone è al telefono, impegnato in una lunga e tranquilla conversazione, e ci lascia in attesa troppo a lungo. Alla fine, persa la pazienza, alziamo la voce e chiediamo un po’ di attenzione. Il ragazzo, molto offeso, si dedica finalmente alla procedura di registrazione, consegnandoci la chiave del nostro appartamento, che si trova al secondo piano. Carichiamo le bici nell’ascensore e saliamo. Facciamo l’ingresso in un discreto bilocale con un terrazzo, dove sistemiamo le bici, angolo cottura, salotto con divano letto, camera matrimoniale e bagno. C’è anche il climatizzatore. La piscina presente nella struttura, invece, si rivela essere una vaschetta inserita in un angolo del cementificato piazzale interno. Dopo le consuete incombenze post arrivo, siamo pronti per andare a cena. Il centro della città è decisamente lontano. Chiediamo alla reception se c’è qualche posto dove mangiare raggiungibile a piedi, e veniamo indirizzati verso l’Odysseum, una zona distante 15 minuti di cammino. Quando arriviamo ci rendiamo piacevolmente conto che si tratta di un centro commerciale di recente costruzione con cinema, negozi, ristoranti, e casinò. Ci sediamo nei tavoli all’aperto di un catena di ristoranti a cucina italiana ed ordiniamo la cena accompagnata dal solito vino rosato. Conversiamo amabilmente. Siamo rilassati. La nostra destinazione finale è ormai vicina. Mancano solo due tappe a Barcellona e la nostra condizione fisica è ancora decisamente buona, anzi, tutti e tre abbiamo constatato che, anche sotto sforzo, i battiti cardiaci rimangono sempre piuttosto bassi ed è difficile andare fuori soglia.
23 agosto 2012 – 7° TAPPA da Montpellier a Perpignan – Km 198 Scendiamo a fare colazione che è a buffet e dopo esserci riempiti la pancia a dovere, ci prepariamo dei panini per il viaggio. Angelo avanza ironicamente l’ipotesi che negli alberghi, dopo il nostro passaggio, la petit dejeuner – piccolo pranzo – come viene chiamata la colazione in Francia, sia stata rinominata l’énorme dejeuner. La giornata non è un granché e non capiamo bene se la cappa che offusca il sole è foschia o sono nubi. Le strade sono deserte. Pedaliamo in direzione delle grosse lagune e zone paludose verso il mare. Passiamo da Lattes e Perols. Non è facile spostarsi in questa area, le strade sono spesso a fondo chiuso o, per evitare acquitrini, si annodano su loro stesse. Giriamo intorno alla laguna che racchiude l’Etang de Pérols, l’Etang du Grec e l’Etang du Méjean. Inizia a piovere e ci infiliamo i K-way. A fianco della strade è spesso presente una ciclabile e, malgrado il tempo inclemente, c’è anche qualche ciclista. Vediamo numerosi uccelli fra i quali, in uno stagno nei pressi dell’Etang du Méjean, un grosso gruppo di fenicotteri rosa, o qualcosa di simile. Non essendoci in questo tratto una strada che corre lineare lungo il mare, proprio perché la costa è frantumata dai numerosi acquitrini che la caratterizzano, dopo avere chiesto consiglio ad un ciclista, per evitare di sprecare energie e tempo girando a vuoto, decidiamo di ripiegare verso l’interno e raggiungiamo il paese di Fabrègues. Per fortuna ha smesso di piovere, anche se il cielo è ancora nuvoloso. In paese ci viene consigliato di percorrere la Route Nationale e così sfiliamo dietro all’auto di un signore che si offre di guidarci fino alla confluenza nella strada D613, dove ci immettiamo in direzione di Mèze. La nazionale corre parallela all’Autostrada che vediamo in lontananza alla nostra sinistra. Traversiamo i paesi di Launac St André e Gigean. Dopo alcuni chilometri la sede stradale costeggia l’Etang de Thau, un bacino d’acqua lagunare fra i più grandi d’Europa, in massima parte occupato dalle strutture per la coltivazione delle cozze e delle ostriche, visibili per chilometri anche dalla strada. A Mèze facciamo un brusco cambio di direzione e ci dirigiamo verso l’interno abbandonando, con una punta di dispiacere, la strada che ci avrebbe condotto fino a Cap d’Agde, località nota per nudisti e trasgressione. Traversiamo Montmèze e arriviamo a Montagnac verso le 10:45. Facciamo una sosta per comprare della frutta e riposarci un po’. Ci sistemiamo su un viale pedonale con alberi e panchine ai lati. Mentre siamo seduti, si avvicina un anziano signore che, notate le biciclette, ci dice di aver praticato anche lui da giovane il ciclismo e ci chiede dove stiamo andando. Gli spieghiamo il viaggio e lui non vuole credere che ogni giorno facciamo quasi duecento chilometri. Pensa che lo prendiamo in giro e continua a ripetere: “cento chilometri al giorno, cento”! Riempite le borracce con l’acqua comprata al supermercato riprendiamo il cammino. Ad un certo punto troviamo a bordo strada un autostoppista con un grosso zaino, al quale facciamo un cenno di saluto. Dopo alcuni chilometri siamo vittime di un déjà vu: a bordo strada c’è un altro autostoppista con un grosso zaino, identico al precedente ragazzo. Frastornati pensiamo: due gemelli? Facciamo un nuovo cenno di saluto nel passargli accanto e proseguiamo. Dopo altri chilometri la scena si ripete e sulla carreggiata c’è di nuovo l’autostoppista. Evidentemente fa la nostra stessa strada, ottenendo passaggi per tratti molto brevi e riuscendo ogni volta ad anticiparci di pochi minuti. Passiamo Pézenas, Valros ed entriamo a Béziers, cittadina di oltre settantamila abitanti. Il nucleo urbano è molto bello. Ci sono diversi monumenti significativi e, come quasi tutti i paesi francesi prossimi al confine con la Spagna, è presente anche un’arena per le corride. Uscendo dal centro abitato, dopo aver attraversato il fiume dal ponte nuovo, c’è un punto di osservazione molto bello. Il visitatore può abbracciare in un unico sguardo il vecchio ponte con alle spalle, più in alto, il castello e buona parte del centro storico. Risaliamo in sella e in poco più di un’ora, dopo avere attraversato Nissan e Coursan, facciamo ingresso a Narbonne, cittadina di oltre 50mila abitanti, capitale della Gallia Narbonese, poi residenza dei re Visigoti e città arcivescovile. Ci fermiamo nell’antica piazza a mangiare qualcosa e a riprendere fiato, ma non possiamo trattenerci troppo a lungo: i cartelli stradali indicano ancora 70 Km per raggiungere Perpignan. Riprendiamo a pedalare. La nazionale corre di nuovo vicinissima all’autostrada, spesso intrecciandosi con essa, e costeggiando nuove zone lagunari dove vediamo all’opera numerosi appassionati di windsurf e kitesurf.
La regione deve essere spesso battuta dal vento perché incontriamo anche una zona con delle pale eoliche. Con un po’ di fatica e chiedendo più volte indicazioni, dopo avere attraversato i paesi di Rivesaltes e Pia, riusciamo ad arrivare al cartello che indica l’inizio di Perpignan. In quest’ultimo tratto le strade sono abbellite da zone verdi ed aiuole e sono ben curate, così come le case ai lati. Entrando in paese scopriamo che è la giornata conclusiva di “I giovedì di Perpignan”, un Festival Internazionale delle arti di strada giunto alla diciottesima edizione. Le strade sono già in fermento, con artisti che preparano i loro show e turisti che gironzolano incuriositi. Facciamo la conoscenza di un ciclista ungherese che viaggia in solitaria con una MTB sgangherata e carica di bagagli. Ha i capelli raccolti in una lunga coda di cavallo e un cappello simile a quello di un fantino. Un tipo decisamente eccentrico. Malgrado Perpignan sia una città di settantacinquemila abitanti troviamo velocemente l’albergo, che è in pieno centro. L’arredamento è antico e la struttura è un po’ datata, ma nel complesso non è niente male, compresa la nostra camera, che è molto grande. Quando usciamo per cenare, le strade sono stracolme di persone, e i locali sono quasi tutti al completo. Nella piazza davanti al nostro albergo c’è un piccolo palco con un chitarrista e un batterista che suonano musica rock. Facciamo un giro nel centro che è molto grazioso, delimitato da un fiume, ricco di palazzi interessanti, e con un piccolo castello a mattoni rossi. L’influenza della cultura spagnola è evidente. Ad ogni angolo è presente un artista o un gruppo che rappresenta il proprio spettacolo. In una grande piazza lungo il fiume troviamo un ragazzo che non fa parte degli artisti della manifestazione, ma che con la sua bicicletta BMX dà ugualmente spettacolo. Scelto un ristorante ordiniamo pasta e per dolce una maxi coppa di mousse di cioccolato con la panna. Quando ci alziamo facciamo un’altra passeggiata per il centro ancora congestionato dalla folla e poi rientriamo in albergo.
24 agosto 2012 – 8° TAPPA da Perpignan a Barcelona – Km 218 Ci svegliamo alla solita ora e, appena pronti, scendiamo a preparare le biciclette e ad aspettare l’orario di apertura della sala colazioni, fissato per le otto. Quando ci sediamo al tavolo, il proprietario, invece di servirci direttamente, ad ogni portata ci chiede: “Volete la marmellata?”, “ volete lo yogurt?”, e così via. Ad un certo punto Angelo lo ferma e, guardandolo negli occhi, gli dice nel suo francese non proprio accademico: “Forse non è chiaro! Noi oggi dobbiamo raggiungere Barcellona con la bicicletta, dobbiamo pedalare per 200 Km, fare molta fatica! Tutto quello che ha ce lo porti, che noi lo mangiamo, più cose ci porta e meglio è!”. Ma il padrone non si scompone, e quando ci presenta una fetta di cocomero talmente piccola e fina da essere servita su un piattino da the, ci rendiamo conto che è stato tutto fiato sprecato. Saliamo in bicicletta e percorriamo la strada D900 che corre parallela all’autostrada e conduce in Spagna. Traversiamo gli ultimi agglomerati urbani della Francia e quando vediamo presentarsi davanti ai nostri occhi la gigantesca sagoma dei Pirenei, l’emozione ci toglie il fiato. Per fortuna non dobbiamo scalare queste montagne, ma sfruttiamo una stretta via che, passando in una gola a circa 300 metri di altitudine, ci conduce all’ultimo paese francese, Le Perthus, uscendo dal quale si incontra il confine di Stato. Sotto al cartello con la scritta Espagne, ci facciamo le foto e poi proseguiamo per la strada nazionale. La sede stradale è ampia e la corsia di emergenza nella quale ci manteniamo è abbastanza pulita. Il traffico non è eccessivo e pedaliamo in fila indiana con energia ed entusiasmo. I chilometri da fare oggi sono tanti, ma non ci preoccupano, ormai calchiamo il suolo spagnolo e anche se arriviamo tardi a Barcellona, domani avremo tutto il tempo per riposarci.
Il paesaggio ai lati della strada è devastato dal tremendo incendio divampato un mese fa, che ha distrutto migliaia di ettari di campagna, e nel quale hanno perso la vita quattro persone. Proseguiamo per chilometri attraverso questo paesaggio apocalittico. Ad una stazione di servizio ci fermiamo per fare il pieno, non di benzina ma di acqua. Compriamo una bottiglia ciascuno e ci mangiamo una ciambella. Riprendiamo sotto il sole che comincia a fare sentire tutto il suo calore. Il primo paese spagnolo che incontriamo è La Jonquera. Ad un tratto intravediamo davanti a noi un ciclista e quando lo raggiungiamo e lo sorpassiamo a grande velocità, come si usa dire sverniciandolo, ci accorgiamo che è l’ungherese che abbiamo conosciuto a Perpignan la sera prima. Continuiamo a pedalare in fila indiana e a ritmo serrato: abbiamo deciso di metterci alle spalle ancora molta strada prima di fare una sosta. Incontriamo i paesi di Pont de Molins, Hostalets, Figueres, Bascara, Medynia, e quando troviamo le indicazioni per Girona, usciamo dalla strada nazionale e prendiamo la variante che ci porta nel centro della città spagnola che conta 90mila abitanti e nei pressi della quale è situato l’Aeroporto di Girona-Costa Brava. Attraversiamo il fiume Onyar su un ponte di legno, proprio in prossimità della Cattedrale dedicata alla Santa Maria, che con la sua mole e il suo profilo inconfondibili caratterizza Girona. In una stretta strada a ciottoli sotto la chiesa, troviamo un negozio di alimentari ben fornito.
Prendiamo una porzione di riso freddo ciascuno, frutta e acqua. Nel vicino forno acquistiamo dei cornetti caldi. I prezzi sono più abbordabili rispetto alla Francia e le persone molto più sorridenti e socievoli. Consumiamo il pasto su un muricciolo all’ombra e quando abbiamo finito, prima di ripartire, puliamo e lubrifichiamo la catena. Ci rimettiamo in viaggio e quando siamo in prossimità della costa, ci dirigiamo verso Malgrat de Mar, qualche chilometro a sud della più famosa Lloret de Mar. Arriviamo fino alla spiaggia e ci mettiamo a sedere ai tavoli di un bar che si affaccia proprio sull’arenile. Mentre guardiamo il mare azzurro con i pochi bagnanti stesi al sole, mangiamo un gelato e ci beviamo una bibita. Poi ripartiamo per affrontare gli ultimi 60km che ci separano da Barcellona. Ci manteniamo a ridosso della spiaggia e poi ci immettiamo nella litoranea che attraversa tutti i paesi della Costa Brava, per arrivare a Barcellona. Passiamo da Calella, Arenys de Mar, Matarò, El Masnou, Badalona, solo per citare i principali, e finalmente arriviamo alla periferia di Barcellona. La città conta 1,5 milioni di abitanti, 4,5 milioni con l’hinterland, ed arrivare in centro non è né facile, né veloce. C’è un discreto traffico e sono presenti numerosi semafori a distanza ravvicinata. Purtroppo non riusciamo a trovare il cartello BARCELLONA, che segnala l’inizio della città, per scattare una foto. Quando finalmente siamo in prossimità delle zone centrali, ci dirigiamo verso il lungomare dove troviamo, come immaginavamo, una ciclabile e tanta, tanta, tanta gente. L’arenile è enorme e alle sue spalle ci sono ampie zone verdi con palme e altri alberi. C’è chi è in spiaggia, chi fa il bagno, chi gioca a pallavolo, chi passeggia, chi corre, chi va in bici, chi in skate, chi con i pattini; troviamo anche un ragazzo che pratica la corsa all’indietro, insomma … di tutto, di più.
Cerchiamo non senza qualche difficoltà il nostro albergo e finalmente, dopo 218 chilometri percorsi, mettiamo piede nella reception dell’Hotel. Dopo avere lasciato le biciclette nel garage saliamo nel nostro appartamento, che è grande e ben strutturato. Ci facciamo la doccia e laviamo per l’ultima volta in questo viaggio la divisa, incombenza che ci è sempre risultata fastidiosa. Stasera, però, eseguiamo l’operazione volentieri, anzi, già con una buona dose di nostalgia. Individuato un ristorante nei pressi dell’albergo, appena siamo tutti e tre con i piedi sotto il tavolino, ordiniamo una caraffa di sangria e la vuotiamo, brindando alla riuscita dell’impresa e al nostro arrivo a Barcellona Per otto giorni abbiamo trascorso ogni singolo minuto insieme, condividendo camere di albergo, preoccupazioni, caldo, sete, fame, fatica, acqua, cibo, emozionandoci e commuovendoci per gli stessi odori, panorami, gioendo insieme sulla cima delle ascese compiute. Abbiamo percorso 1.480 chilometri in totale simbiosi. Per cena mangiamo insalata e carne bevendo una caraffa di vino rosato e altra sangria. Usciti dal ristorante fermiamo un taxi e ci facciamo portare in centro. Scendiamo all’inizio de La Rambla, vicino a Plaça de Catalunya. La via è affollata di persone. Giriamo qualche locale e poi andiamo in Plaça Reial, gremita di giovani seduti ai bar, o in piedi vicino alla fontana. C’è un gruppetto che gioca a frisbee coinvolgendo anche i passanti, e così facciamo un paio di lanci. Verso le 3:30, con le strade ancora affollate, decidiamo che è giunto il momento di andare a dormire.
25 agosto 2012 – Barcellona e Nave Grimaldi Dopo otto giorni in cui la sveglia ha suonato implacabile alle 6:00 di mattina, stamani ci svegliamo con il nostro orologio biologico. Sono circa le undici e, fatta la doccia e raccolte sommariamente le nostre cose, scendiamo a fare colazione al ristorante della sera prima. Poi in abiti civili scendiamo verso il centro, lasciandoci alle spalle la collina del Tibidabo e il Parc Guell. Fa molto caldo e, anche a causa delle infradito, pedaliamo molto lentamente. Ci fermiamo alla Sagrada Familia, e poi proseguiamo verso la torre Agbar e da qui arriviamo al lungomare e alle spiagge. Mangiamo all’aperto in un ristorante nella zona del porto, consumando un’insalata e un’abbondante porzione di paella di pesce, e bevendo sangria.
Con la pancia piena ci sdraiamo sulle panchine di un vicino giardino e rimaniamo un po’ all’ombra, carezzati da una leggera brezza, con in sottofondo il gracchiare dei pappagalli presenti sugli alberi. Dopo avere attraversato il Porto Vecchio, nel pomeriggio, ci riportiamo verso La Rambla e nel Barri Gòtic, gironzolando per gli stretti vicoli pieni di negozi curiosi e di persone. Nel tardo pomeriggio andiamo a vedere Casa Batllò e poi ci dirigiamo verso il Porto per la procedura d’imbarco. Mentre siamo in fila con i motociclisti e attendiamo di salire sopra la nave, grossi nuvoloni neri gonfi di pioggia si addensano sopra la città. Finalmente, alle 21:00 circa, un corpulento spagnolo su uno scooter ci invita a seguirlo guidandoci all’interno dell’area portuale fino alla nostra nave. E la scena che si compone è fantastica: in testa c’è lui in motorino, seguito da noi tre in bicicletta, e alla nostra ruota duecento motociclette che si snodano in un lungo serpentone! Sulla nave sistemiamo nel garage le biciclette, assicurandole al fianco dell’imbarcazione con delle corde e legandole fra di loro con il filo d’acciaio portato da Giacomo. Preso possesso della cabina, ci facciamo la doccia, mangiamo e poi saliamo sul ponte più alto per vedere le operazioni di partenza e dare un ultimo saluto a Barcellona. Vediamo la città allontanarsi lentamente, punteggiata da migliaia di luci, con alla sua sommità, come fosse una corona, la collina illuminata del Tibidabo.
Leggendo il racconto di Andrea, Angelo e Giacomo sono rimasto affascinato e emozionato ma anche coinvolto nel loro viaggio, ringrazio loro per la bella esperienza vissuta e l’omaggio che hanno voluto farmi nel raccontarmi la loro “Impresa” grazie grazie grazie Andrea Pirata Andreotti.
The website is just starting out, with my collaborators we will improve it along the way. Thank you for viewing.
… thanks for the advice, by September, the website will be optimized.
For several communications to the contact email info@langolodelpirata.it here please just commenting on articles thanks.
Why continue to post comments Spam, when will never be approved? Go ahead and waste your time in vain, you will not get any positive result. Thank you