di Roberto Checchi
CIELO GRIGIO, cupo, pioggia in arrivo? Speriamo che la precipitazione tardi a sfogarsi. Strada bagnata, umidiccia, una primavera lontanissima, la fine di un aprile che sia addentra nell’imbrunire della stagione delle foglie morte. Siamo SAGOME o soltanto profili persi nella nebbia, schizzi appena pronunciati senza logica su un foglio con la matita a carboncino, ognuno con il nostro passo, ognuno con i nostri pensieri e le nostre riflessioni. Certo è vero, lassù lungo i tornanti di una strada che è stata l’ ultima a cedere all’avanzare dell’ asfalto, se ci passavi vent’anni fa su quei tornanti architettati dalla mente contorta di un ingegnere incosciente, inconsapevole o perfettamente lucido di quanta fatica possa fare un cristiano che sceglie di affrontarli sulla sella della bicicletta, li avresti trovati tutti realizzati con lastre di cemento armato poste in perfetta sincronia come le tessere dei mosaici o i pezzi del puzzle da incastrare e tutti ugualmente attraversati da un solco largo due pugni dentro in quale correva l’ acqua durante i temporali, trappola ideale per spaccare il cerchio della ruota. Oggi l’ urbanizzazione ha completamente modificato tutto, ma i tornanti son rimasti gli stessi con la stessa micidiale e inalterata pendenza e non sono certamente più facili da affrontare. SAN MOMME’ che la tradizione fa discendere da un santo orientale MAMMONE o MAMANTE, patrono degli animali e delle balie, spesso raffigurato con i leoni a fianco, venerato dai Longobardi, con quel nome bizzarro, pare uscito dai fumetti di Topolino eppure Caterina dei Medici adorava il luogo dove spesso trasferiva tutta la corte per le battute di caccia al cervo e invece è un altro palcoscenico sul quale siamo andati a confrontarci, arrampicata libera fino a quel che resta di una stazioncina ferroviaria fantasma costruita sulla tratta Pistoia – Porretta Terme agli inizi del Novecento. Andrea prende duecento metri di vantaggio e ascolta il richiamo della montagna che invita a mulinare e alzare il ritmo, IO cerco di centellinare le forze perché ho fatto la promessa di arrivare immune su quel traguardo dove fino ad oggi ci han preceduto solo l’ AQUILA e gli EROI, avanziamo nel NIENTE perché nulla è visibile. Due macchine ci sorpassano, rallentano appena e magari avranno sottolineato il nostro esser completamente pazzi e tirano dritte per la loro strada a quel punto resto solo e mentre la strada si fa sempre più cattiva sotto lo scivolare dei copertoncini su quella specie di poltiglia trasportata da un accenno di temporale mattutino, penso e ripenso a cosa potrò raccontare ai miscredenti appena rientrato a casa, a quella volta che questa specie di tratturo è stato teatro di un’ affascinante tappa del GIRO D’ ITALIA, al tempo in cui certe storie erano materia che passava direttamente dal mio cervello al microfono, alla gente assiepata lungo strade e piazze del Bel Paese, penso soprattutto a questo pomeriggio di LIBERAZIONE, alla liberazione di uno STATO D’ ANIMO tenuto a guinzaglio da due giorni o semplicemente alla via di FUGA verso il Paradiso meglio se grande, la montagna per eccellenza dei corridori. Scollinare, niente è più dolce, ancora tre chilometri di sofferenza per poi ritrovare il piacere della picchiata verso PISTOIA. La stazione di posta al Signorino fa al caso nostro, insperato momento di pausa per buttar giù un buonissimo caffè. Cerco un giornale, rimedio antico e salutare da mettere sotto la maglietta, la carta lucida da affettati è quello che riesco a recuperare ma può essere considerata un buon sostituto, la maglia rossonera inseparabile regalo di Ivan ha le tasche così piccole che per il gilet non c’è mai posto. Ho fatto una fatica da mulo e in quegli stessi istanti mi tornava in testa la solita domanda che m’ assillava da sabato mattina: COME DIRSI CIAO…..!!!
Basta esser pazienti e attendere la risposta che arriva nel primo pomeriggio dal campo sportivo di Filottrano affidata alle parole dell’ Arcivescovo di Ancona e Osimo Mons Edoardo Menichetti. La MEMORIA, la sola che custodisce sguardo, intimità e purezza. Memoria della FATICA, perché è risaputo che il CICLISMO è lo sport più faticoso di tutti. LA MACCHINA CAMMINA CON LE GAMBE e tutto questo è possibile con il sacrificio, l’ amico, la squadra, teoria lontana dal primeggiare, dove ognuno pensa per se. Gli fa eco Davide Cassani “Esser gregari è un privilegio, morire da Capitani un pregio che ti sei sempre portato dietro. L’ arma vincente è il sorriso anche se si può perdere una Tirreno Adriatico soltanto per una questione di piazzamenti e non di tempi, l’ attaccamento alla famiglia e al lavoro. Non avrai vinto quanto Eddy Merckx ma tu sei come Eddy Merckx”
E infine Marco Scarponi che cita un suo articolo di quattro anni prima ” Mi piace spesso pensare che nelle gambe di mio fratello non ci siano solo duri allenamenti, nelle gambe di mio fratello c’è dell’ altro, formato forse da un invisibile un per cento che però è di straordinaria importanza quando si trova solo senza più forze a quasi duemila metri d’ altezza, senza più vegetazione intorno e con nessun amico accanto che non si chiami VENTO, FREDDO, NEVE o PIOGGIA.
L’ uno per cento si trasferisce dalle gambe agli occhi dell’ eroe e si chiama Storia, quella con la S maiuscola.
Tutti NOI siamo davanti ad una lunga storia collettiva che ci esalta e ci fa innamorare del CICLISMO e dei suoi protagonisti. E’ storia contadina. In quegli occhi è visibile un canto qualcosa di sofferenza e di giustizia, qualcosa che si sente.
Gambe nutrite di catechismo e carnevali, di feste dell’ uva e organetti. Gambe che una volta incontrato il buio si sono inginocchiate e smarrite per rialzarsi più forti di prima.
Adesso sedetevi comodi sul divano e aspettate aprile e collegatevi con la LIEGI BASTOGNE LIEGI, cercate mio fratello con la maglia dell’ ASTANA, non potete non riconoscerlo è sicuramente tra i primi, guardate le sue gambe e i suoi occhi E POI DITEMI QUALE CANTO PERDUTO VI E’ SEMBRATO DI SENTIRE….. Ciao… MICHE’ ! ”