Quando è che comincia un viaggio? Sicuramente non quando parti.
Il viaggio comincia quando inizi a desiderarlo, quando una semplice idea arriva al momento della svolta, il momento in cui un segno diventa coscienza, atto di volontà, evento di distacco.
Allora immediatamente ti immagini come una nave che molla gli ormeggi e lenta guadagna l’orizzonte, da quel momento, davvero, non vedi l’ora di arrivare alla partenza.
Il mio Cammino iniziò molto prima della partenza reale, quando da ragazzina ne sentii parlare per la prima volta e affascinata pensai “chissà se io potrò mai…”, con gli anni poi mi sono risposta che prima o poi avrei potuto, grazie alla grande passione per la bici avrei potuto realizzare anche questo sogno.
Il Cammino di Santiago è il pellegrinaggio che da milioni di anni compiono i fedeli per raggiungere la tomba di San Giacomo Apostolo a Santiago di Compostela, dove sono custodite le sue spoglie.
Ci sono vari tracciati che conducono a Santiago da vari punti dell’Europa ma quello più frequentato e più assistito è il Cammino Francese, il tragitto è completamente segnalato dalle tipiche frecce gialle e parte dai Pirenei, dal piccolo paesino di Saint Jean Pied de Port, fino ad a arrivare a Santiago de Compostela su un tracciato di circa 900 km che diventano quasi 1000 se si decide di raggiungere il km 0 situato al faro di Finisterre. Gli antichi percorrevano il Cammino a piedi o a cavallo mentre oggi si compie a piedi o in bicicletta (considerato il mezzo di trasporto in evoluzione all’uso del cavallo), si viaggia portando con sé la Concha cioè la conchiglia simbolo del Cammino e con in tasca la Credencial che è la carta dove vengono apposti i selli (timbri) negli ostelli dove si alloggia o nei luoghi dove si sosta, giunti a Santiago la Credencial piena dei vari timbri sarà la dimostrazione dell’avvenuto pellegrinaggio tramite la quale, si documenta di aver percorso almeno 100 km a piedi o 200 in bici e si riceve la Compostela, attestato del pellegrinaggio, orgoglio e vanto di ogni Pellegrino.
Era il gennaio 2008 quando io e Luca ci decidemmo ad organizzare il nostro Cammino, iniziammo dall’acquisto di due nuove fiammanti MTB con tanto di portapacchi posteriore e borse da viaggio, una spesa ridicola rispetto al valore di un’esperienza indimenticabile!
Quella 2008 fu una stagione ciclistica brillante per noi che eravamo e siamo ciclisti amatoriali nei ritagli di tempo, la si concluse con la Maratona Dles Dolomites subito dopo la quale accantonammo le nostre specialissime per dedicarci all’allenamento mirato con le MTB.
Abituarsi alla postura diversa, provare a far chilometri con le borse cariche, imparare a pedalare con pazienza nella lentezza che la foga delle tante granfondo a cui partecipavamo non ci aveva mai consentito di apprezzare… erano sensazioni nuove vissute nell’attesa e con la voglia di arrivare quanto prima all’8 agosto.
Dopo aver valutato le varie opzioni per il trasferimento, anche grazie agli utili consigli regalati dall’amico Luciano, partimmo in auto da casa con le nostre bici e tutta l’attrezzatura necessaria al seguito, direzione Spagna del nord, Pirenei, il piccolissimo paesino di Saint Jean Pied de Port, la partenza del Cammino, a circa 1400 km. da casa nostra.
Saint Jean è un paesino pittoresco, rinchiuso nelle mura e animato da migliaia di pellegrini vivaci, intraprendenti, allegri e ricchi dell’entusiasmo necessario per andare a Santiago; lì, a Saint Jean, guardi la gente che viene da mezzo mondo per percorrere un tragitto che nei secoli ha visto passare milioni e milioni di persone, e rifletti che sono tante le motivazioni che ti spingono a partire, c’è chi va per fede, chi va per turismo, chi va per conquistare un’impresa, chi va per sfida, chi cerca solitudine, chi cerca sé stesso…La cosa meravigliosa è che si va da milioni di anni in pellegrinaggio a Santiago di Compostela.
Non lo so ancora cosa cercassimo noi… so che ci siamo trovati Pellegrini e ci siamo lasciati travolgere in maniera totale dallo spirito di fratellanza che si respira nell’aria.
A Saint Jean parcheggiammo l’auto vicino alla palestra comunale e ci recammo subito in cerca di un ostello che potesse ospitarci nella notte, non fu difficile trovarlo e finalmente potemmo apporre sulla nostra Credencial il primo sello.
Prima tappa: Saint Jean Pied de Port – Huarte, 65 km.
Era il primo giorno di Cammino, ci alzammo con il sole, con una voglia incredibile di partire, come fanno tutti i pellegrini consumammo la colazione nell’ostello prendemmo le nostre bici, facemmo un giro attraverso Saint Jean e iniziammo finalmente il nostro Cammino.
Per la prima tappa scegliemmo come arrivo la cittadina di Huarte, passando per Roncisvalle percorremmo circa 65 km. ma nel tragitto era compreso il valico dei Pirenei dove le salite e i bagagli piuttosto pesanti ci costrinsero a spingere a mano le bici per lunghi tratti, in un panorama di alta montagna quasi surreale, popolato di cavalli selvatici e gente con zaini enormi sulle spalle. Al nostro arrivo, ormai a sera, decidemmo di dormire nell’ostello consigliato dall’amico Luciano, cioè quello comunale realizzato in una vecchia scuola dove in ogni aula erano stati posizionati letti a castello di colore azzurro.
Seconda tappa: Huarte – Estella, 55 km.
La seconda tappa, fu intervallata dalla visita turistica alla città di Pamplona e dal primo problema tecnico alla bici di Luca che risolvemmo quasi subito perché accaduto in città dove ci sono molti negozi di bici dato l’elevato numero di pellegrini/ciclisti. Poi riprendemmo il Cammino, seguendo le tipiche frecce gialle che lo indicano regolarmente, in zone di montagna parecchio ventose dove i crinali sono abitati da quelli che io definisco “i giganti buoni” ovvero le numerose pale eoliche che per alcuni disturbano il paesaggio e invece per me salvano i polmoni del nostro pianeta. Passammo quindi dal conosciuto “Alto del Perdon” (790 slm.) dove si trova il monumento metallico che raffigura le sagome di alcuni pellegrini e dove immancabilmente immortalammo il nostro passaggio con una foto. In serata giungemmo al piccolo paesino di Estella e data l’ora tarda rischiammo di non trovare posto nell’unico ostello presente, fu lì che capimmo il vero spirito del Cammino… in un modo o nell’altro c’è posto per tutti… ci furono assegnati due materassini da palestra collocati in una delle stanze parrocchiali tra giochi di ragazzi e bibbie in lingua spagnola, un ambiente sconosciuto e insolito che inverosimilmente era confortevole quanto casa nostra. Cenammo con gli altri pellegrini consumando cibo che ognuno di noi era andato ad acquistare per essere condiviso con gli altri, fu durante questa cena che conoscemmo due signori finlandesi e la loro storia, andavano a Santiago ma non avevano abbastanza tempo per percorrere il Cammino in un solo anno e quindi avevano deciso di farlo in più anni (“maybe three, maybe four or five…” diceva la signora Helli) riprendendo l’anno successivo dall’ultima tappa dell’anno precedente. Anche questo fu spunto di riflessione per me che ho sempre vissuto nella regola del “tutto e subito”. Partecipammo alla Santa Messa e ci coricammo su quei materassi buttati a terra per noi.
Terza tappa: Estella – Navarrete, 68 km.
La terza tappa fu di circa 68 km, il paesaggio iniziò a cambiare, lasciammo le zone collinari prossime alle pendici dei Pirenei e ci addentrammo in uno dei tratti in cui il Cammino diventa un ampia strada bianca che attraversa infiniti campi di grano. Dopo un pranzo a base di pane e chorrizo (salame piccante) consumato in una assolata piazzetta di Los Arcos, nel pomeriggio attraversammo la città di Logrogno dove ci rifocillammo con un enorme gelato. In serata arrivammo a Navarrete, scegliemmo un intimo ostello privato a conduzione familiare e lì ci divertimmo ad ascoltare i racconti di Nathalia Giovanna, una ragazzina di 13 anni che a soli 9 anni convinse il padre ad accompagnarla in bici lungo tutto il Cammino.
Fu in quell’ostello che, a suon di discorsi tra un letto a castello e l’altro, conoscemmo quelli che sarebbero stati i nostri compagni di viaggio. Erano due fidanzati di Cuneo: Denis, appassionato ciclista, gran fondista di quelli che fanno sul serio, percorreva il cammino a bordo della sua MTB con un carrellino appendice dal peso di oltre 40 kg. contenente il bagaglio di entrambi e poi lei, Cinzia, una ragazza sportiva e brillante che io definii una pazza scatenata non appena seppi che era esentata dal trasporto del proprio bagaglio perché era una neofita delle due ruote ed aveva deciso improvvisamente e senza allenamento di cimentarsi in questa avventura.
Facemmo una bella dormita pronti a svegliarci ancora insieme a fratello sole.
Quarta tappa: Navarrete – Ages, 95 km.
Fu la prima tappa in compagnia di Denis e Cinzia, da Navarrete raggiungemmo Ages, il Cammino in questo tratto si mescola spesso con strade asfaltate di paesini di campagna, si passa dalla caratteristica cittadina di Santo Domingo de la Calzada dove, nella cattedrale di San Salvador, vengono allevati un gallo e una gallina in memoria ad un vecchio miracolo.
Dopo due ennesime e consecutive forature di Luca transitammo sull’antipatico “Alto de la Pedraia”, un picco di terra rossa e ciottoli impossibile da scalare in sella. L’arrivo a Ages fu disarmante, sia l’ostello comunale che quello parrocchiale erano pieni e la regola vuole che fino ad una certa ora si debba dare la precedenza ai pellegrini a piedi perché anche qualche km in più in bici si traducono in pochi minuti ma per un camminante diventano ore; riuscimmo però a trovare un ostello privato molto confortevole, El Pajero, dove fummo stupiti dalla simpatia dell’hospitalera Beatrice una ragazza bellissima che si rivolgeva ad ognuno dei suoi ospiti chiamandoli per nome e ricordandoli uno ad uno come se ci fossimo conosciuti da sempre. Ci sistemammo, facemmo il bucato e decidemmo di lavare anche le valigie alla fontana del paese perché la terra rossa della pedraia le aveva rese proprio indecenti. La cena fu una piacevole sorpresa, Beatrice aveva cucinato un’ottima paella e un’insalata di finocchi indivia e arance di cui facemmo una vera scorpacciata. Anche da Beatrice facemmo un incontro molto particolare, socializzammo con Tiziano, era un signore di circa 55 anni che veniva da Padova, era sul Cammino perché aveva fatto un voto a Santiago a causa di problemi di salute della moglie, avrebbe dovuto raggiungere la meta a piedi in non più di 15 giorni ma parlando con noi era scoraggiato, diceva che inizialmente era partito con un bagaglio troppo pesante ed era stato costretto addirittura a lasciare un paio di scarpe, scoperte poco adatte al percorso, per alleggerirsi un po’. Andammo a dormire, con i nostri amici, con Tiziano e con molti altri pellegrini. Al nostro risveglio Tiziano era già in Cammino e ci aveva lasciato un saluto su un bigliettino di carta convinto che ci saremmo incontrati per la via durante il giorno.
Quinta tappa: Ages – Boadilla, 85 km.
Il quinto giorno partimmo da Ages e arrivammo a Boadilla del Camino, passando per la grande città di Burgos dove dedicammo un po’ di tempo alla visita dell’imponente cattedrale e cercammo un negozio di elettronica dove i nostri amici avrebbero comprato una nuova macchina fotografica dopo che la loro era precipitata dal muretto della chiesa di Navarrete prima ancora di aver fatto quell’autoscatto per cui lì sopra era stata appoggiata.
Poi riprendemmo il Cammino con l’occhio sveglio alla ricerca delle frecce gialle, complicate da trovare in città, e passammo da paesi assolati e silenziosi, dalle rovine del Monastero di San Anton per finire a Boadilla che è un paese di non più di 30 abitazioni con una chiesa ed un albergue di quelli che coccola i pellegrini, all’interno dell’alto muro di cinta una piccola piscina e un prato d’erba curato alla perfezione che faceva da tappeto d’ingresso al vecchio fienile di legno allestito a dormitorio su due livelli. La cena prevedeva una zuppa di legumi che i km percorsi ci permisero di gustare come fosse un bel piatto di pastasciutta. A rammaricarci un po’ ci fu il fatto che in tutto il giorno non incontrammo mai Tiziano, sicuramente lo avevamo superato quando lui era fermo per una sosta… fu triste pensare che non ci saremmo più rivisti perché non ci eravamo nemmeno scambiati i recapiti.
Sesta tappa:Boadilla – Mansilla, 106 km.
Poco dopo aver lasciato l’ostello di Mansilla, quando ancora l’aria fresca ci accarezzava il volto, attraversammo il comune di Fromista ed il monumentale Canal de Castilla. Sostammo per mangiare uno squisito panino con queso e chorizo nella città di Sahagùn che si trova esattamente a metà del Cammino Francese. Inevitabilmente riflettemmo che avevamo già pedalato 450 km. e nessuno di noi avvertiva stanchezza, si pedalava a giornate intere, divertendosi, scambiando parole coi pellegrini ad ogni sosta, ascoltando le storie degli altri e comprendendo in fondo che più ci avvicinavamo a Santiago e meno era la voglia di arrivarci perché a quel punto avremmo concluso il Cammino e con questo tutto ciò che di positivo ci accompagnava. Ripartimmo sotto un sole soffocante lungo le Mesetas, altipiani pianeggianti, aridi e assolati interamente coltivati a grano, incontrando persone a piedi che per chilometri non erano riusciti a trovare acqua, riempimmo le loro bottiglie dimezzando le nostre scorte idriche coscienti che saremmo arrivati prima di loro alla fonte successiva per dissetarci.
L’hostal di Mansilla era un vecchio convento sgangherato ma pulito, caratterizzato da un cortile interno popolato di avventori a piedi nudi a cercar sollievo dopo la calura delle Mesetas. Comprammo qualcosa da mangiare nel piccolo market del paese e cucinammo due spaghetti nella cucina comune, con le pentole comuni e mangiando nei piatti comuni, poi, come comanda la regola di ogni ostello, ripulimmo la cucina e rigovernammo le stoviglie affinché fossero pronte per i pellegrini di domani. La notte non fu troppo riposante, il dormitorio era un salone immenso al piano primo con l’impiantito di un legno nero e umido che cigolava ad ogni passo, c’erano moltissimi letti a castello e moltissimi pellegrini tra i quali (purtroppo molto vicino a noi) dormiva un pellegrino non proprio magro che dal russare poteva essere paragonato ad un trattore; fortunatamente accadde qualcosa di comico: in piena notte Luca colpì involontariamente con un piede il suo casco agganciato in fondo al letto facendolo cadere a terra e provocando un rumore sordo che rimbombò nell’enorme stanza infrangendo il silenzio che regnava e svegliando tutti gli ospiti… compreso il trattore!
Settima tappa: Mansilla – Astorga, 75 km.
Al risveglio dopo una notte turbolenta trascorsa all’hostal di Mansilla fummo sorpresi da un temporale furibondo che fu causa di ritardo nella partenza, dopo un po’ però, considerato che il cielo continuava a promettere acqua, decidemmo di partire ugualmente e indossammo tutto quanto di impermeabile avessimo al seguito, compresi alcuni sacchi per la spazzatura gentilmente donati dalla barista del posto che ci consigliava di pernottare lì ancora per una notte. Sotto la pioggia battente decidemmo di abbandonare il sentiero tracciato e di raggiungere la città di Leon su strada asfaltata, decisione saggia anche perché ci consentì di recuperare parte del tempo speso ad aspettare inutilmente la fine del temporale mattutino. Nel primo pomeriggio aveva già smesso di piovere e raggiungemmo la sorridente Astorga, una cittadina vanitosa e piacevole dove sorge il caratteristico Palazzo Episcopale opera del famoso architetto spagnolo Antonio Gaudì. Arrivò anche il sole a scaldarci mentre sorseggiavamo una bella birra nella piazza principale.
L’unico albergue libero di Astorga era privato, un po’ più costoso di altri ma carino e piuttosto curato, fu una notte tranquilla in cui studiammo le cartine con attenzione in vista di una delle tappe più impegnative: l’indomani avremmo raggiunto la Cruz de Hierro ad un’altitudine di 1540 mt.
Ottava tappa: Astorga – Villafranca del Bierzo, 86 km.
L’ottava tappa fu piuttosto colorita, oltre ad essere impegnativa per la salita affrontata ci regalò particolari che è impossibile dimenticare. La Cruz de Hierro si trova su una montagna, è un palo di legno con una croce di ferro all’estremità ma ciò che la rende un punto speciale del Cammino è che alla base del palo si trova una montagna di sassi che simbolicamente e per tradizione i pellegrini portano da casa e lasciano li, così come facemmo io e Luca. Proprio alla Cruz de Hierro facemmo l’incontro più bizzarro del nostro Cammino, conoscemmo la signora Emma, una suora laica dell’ospedale di Mantova che alla veneranda età di 84 anni andava a piedi a Santiago trasportando un carrellino con le ruote che, a suo dire, le ostacolava l’andare in discesa. La signora Emma dialogò molto con noi raccontandoci i suoi pellegrinaggi da casa fino a Roma e addirittura fino a Gerusalemme, ci spiegò inoltre che quell’anno avrebbe voluto raggiungere Lourdes ma la Gendarmerie francese la dirottò sul Cammino perché più assistito e frequentato. Feci un dono alla signora Emma, poiché lamentava dolore alle mani dato dal trasporto del suo carrellino le regalai i miei guanti da ciclista, il mio gesto la riempì di gioia e mi promise che se fosse giunta a Santiago li avrebbe lasciati lì.
Proseguimmo la discesa dal sentiero ma valutammo che era troppo pericolosa e farsi male a così pochi km dalla meta sarebbe stato poco intelligente quindi optammo per la strada asfaltata. Continuammo poi verso il paesino di Ponferrada dove si trova quello che la leggenda narra come l’ultimo castello dei Templari, ricordo che ci sedemmo sull’erba fresca del prato davanti al castello e mangiammo un gelato enorme.
Passammo per il paesino dal simpatico nome di Cacabelos, dove i pellegrini sostavano sulle rive del fiume che lo attraversa per fare il bagno e lavare un po’ delle fatiche accumulate.
Scegliemmo come arrivo Villafranca del Bierzo perché ci arrivammo nel tardo pomeriggio e non potevamo rischiare di fare più tardi, i posti letto non erano molti ma fummo accolti nel vecchio convento dove potemmo dormire su dei materassini buttati in terra e fare una bella doccia… esclusivamente con l’acqua fredda, perché questo passava il convento!
Nona tappa: Villafranca del Bierzo – Sarrìa, 70 km.
Forse fu questa la tappa più dura di tutto il Cammino, non solo ci vide impegnati nella scalata della cima più alta di tutto il tracciato, ma iniziava a farsi sentire un po’ di stanchezza. Ma con lo spirito giusto e la voglia di andare che caratterizza ogni pellegrino ci incamminammo verso O’Cebreiro, le guide dedicate al Cammino da percorrere in bici sconsigliavano di proseguire lungo il sentiero sterrato e suggerivano invece di scegliere la strada asfaltata, ma noi decidemmo di non lasciare l’originario percorso e ci addentrammo per i boschi mentre i nostri compagni di viaggio scelsero la strada. La nostra fu una scelta che pagammo con non poche fatiche, l’ascesa all’Alto de Cebreiro (1300 m.) era uno sentiero di alta montagna immerso in una boscaglia fittissima, ripidissimo e pieno di pietre, nemmeno il clima ci fu d’aiuto, per tutta la salita fummo accompagnati da una pioggerella fine e uggiosa che rendeva i sassi molto scivolosi impedendoci di provare a pedalare anche per piccoli tratti. A scalare quel monte ci mettemmo un’eternità… arrivati in cima il paesaggio che ci aspettava era surreale, eravamo dentro una nuvola grigia dalla quale volevamo quanto prima scappare, giusto il tempo di un visita alla caratteristica chiesetta, un sello sulla credencial, uno scatto di ricordo e via in discesa alla ricerca del sole e dei nostri amici che ci aspettavano ad un piccolo bar nel primo paesino ai piedi del monte. Dopo un ricco ristoro e dopo aver lasciato il maltempo lassù in vetta a O’Cebreiro ripartimmo su sentieri di campagna, in questo tratto assolato e polveroso facemmo due incontri indimenticabili, trovammo quella che ricordiamo come la chica col niño, era una ragazza sulla trentina alla guida del suo velocipede con rimorchio dove era scomodamente seduto Samuèl il figlio di soli 5 anni. La chica era partita da Pamplona ed aveva pedalato sempre con la sola compagnia del suo bambino ma adesso si trovava in difficoltà perché il suo carrellino si era rotto e non poteva proseguire, fortunatamente Denis fa il meccanico di bici e Luca ha tanta buona volontà quindi in poco più di mezz’ora avevano già risolto il problema e la ragazza poté riprendere la sua lenta e devota marcia verso Santiago. Inevitabile fu osservare il bimbetto e rivolgere a lui le nostre attenzioni, il ragazzino pareva sorprendentemente divertito dal trambusto di quel viaggio nel quale la mamma, poco democraticamente, lo aveva coinvolto.
Poco dopo la ripartenza dalla riparazione del carrellino di Samuèl ci fermammo a riempire le borracce ad una fonte, lì incontrammo un personaggio davvero bizzarro: era Gabriél, un signore di 75 anni proveniente da Madrid, magro da far pensare che non godesse affatto di buona salute, aveva in capo un cappello di paglia e sulle spalle uno zaino vecchio, un po’ strappato e forse un po’ disdicente a confronto di quelli utilizzati dalle orde di pellegrini che si incontrano negli ultimi di km di Cammino i quali partono attrezzati di accessori tutti uguali, esageratamente tecnici e affatto fantasiosi reperiti nei vari negozi Decathlon di tutta l’Europa. Insomma… il nostro amico Gabriél aveva una voglia matta di scambiare due chiacchiere e ci raccontò, in uno spagnolo ormai fin troppo familiare, che dal 2001 ogni estate lui percorreva il Cammino andata e ritorno, portando a Santiago in dono il sorriso della sua salute.
Sia la chica col niño che Gabriél furono un nuovo spunto di riflessione sul fatto che quando si sta bene non esistono limiti se non la propria volontà!
Finimmo la giornata a Sarrìa, un paese anonimo che al nostro arrivo offriva solo dei materassini nella palestra comunale e senza la possibilità di fare una doccia, scegliemmo quindi un albergue privato che però ci fece attendere un po’ prima di decidere se ci avrebbe concesso da dormire. Ma questa è regola: prima i camminanti poi tutti gli altri!
Decima tappa: Sarria – Melide, 70 km.
Era la mattina della penultima tappa prima di giungere a Santiago, fu il passaggio dal colonnino che contava gli ultimi 100 km a darci contezza del fatto che la meta era davvero vicina, era tanta la soddisfazione quanta la nostalgia del Cammino che già percepivamo. Il percorso non fu particolarmente impegnativo, passammo dal paese di Portomarin caratterizzato dalla presenza di un lago artificiale sotto il quale si trovano le rovine del vecchio paese e poi ci addentrammo negli affascinanti boschi di eucalipti della Galizia. Paesaggi rilassanti e comodi sentieri di terra battuta fiancheggiati costantemente dagli horreoz ovvero le tipiche costruzioni in cui i contadini un tempo conservavano il frumento. La tappa, relativamente breve, terminò a Melide perché non potevamo non ascoltare i suggerimenti dei molti pellegrini che ci indirizzavano a cenare con il famoso pulpo gallego cucinato con maestria e passione da secoli nella nota Pulperia Ezequiel di Melide. Considerando la copiosa quantità di pellegrini che affollavano il Cammino in questo ultimo tratto, e di conseguenza gli ostelli della cittadina, decidemmo immediatamente che ci saremmo regalati una notte in albergo; trovammo una camera che condividemmo coi nostri compagni di avventura Cinzia e Denis e dopo l’ottima cena alla Pulperia Ezequiel dormimmo un sonno profondo e davvero ristoratore.
Undicesima tappa: Melide – Santiago 52 km.
L’ultima tappa verso Santiago fu un misto di voglia di arrivare e voglia di ripartire da capo, ma combattuti da sentimenti e sensazioni contrapposte, tra un sello e un bocadillo con jamon y queso, pedalammo gli ultimi km e scalammo l’ultima salita, non troppo lunga ma abbastanza impegnativa: il Monte do Gozo. Dalla vetta del monte, vicino al monumento costruito in occasione della visita di Papa Giovanni Paolo II, si vede la città nella sua vasta estensione, Santiago era davvero vicina… la città è lì, la scorgi ed è già emozione… ed è buffo notare lo sguardo di ogni pellegrino che si perde attento nell’orizzonte alla ricerca delle guglie della cattedrale fin quando con un po’ di smarrimento ognuno capisce che di li non si vede la cattedrale e non rimane che riprendere la marcia lungo la discesa che va dritta alle porte della città.
Seguendo le famose e ormai affezionate flechas amarillas si scopre che l’accesso alla Praca do Obradoiro non è per i ciclisti, il Cammino entra nella piazza dalla lunga scalinata che fiancheggia il lato sinistro della cattedrale e quindi portammo a mano le nostre bici come spesso era accaduto durante tutto il percorso. Ma il Cammino è per i camminanti e quando si è pellegrini scendere dalla bici per fare qualche passo è solo un piacere. Non mi dilungherò nel racconto delle emozioni provate e delle lacrime versate all’arrivo davanti alla Cattedrale, perché le emozioni non si spiegano… si vivono! Posso solo raccontare che ricordo di aver fissato per un tempo indefinito la facciata della cattedrale senza che il mio sguardo incredulo si saziasse di tanta bellezza. Dopo le foto di rito entrammo nella Cattedrale ma non facemmo una visita approfondita, avevamo solo l’urgenza di correre ad abbracciare la statua d’oro di Santiago che domina sull’altare maggiore e ringraziarlo per tutto quanto avevamo potuto vivere fino ad allora.
A Santiago rimanemmo tre giorni in modo di poter partecipare alla messa del pellegrino della mattina seguente e per visitare la città, quindi trovammo alloggio in un piccolo albergo nei pressi della Praca do Obradoiro. Subito dopo una doccia veloce indossammo abiti civili e ci dirigemmo con la nostra credencial ricca di selli a fare la fila per il ritiro della tanto ambita Compostela. La registrazione dei nostri nomi tra i pellegrini arrivati ci regalò una sorpresa all’indomani mattina: partecipammo alla messa del pellegrino e alla fine della funzione, durante la benedizione che avviene tramite il Botafumiero (enorme incensorio posto al centro della cattedrale e mosso su e giù lungo il corridoio a mezzo di una grande fune), fummo nominati insieme a tutti i pellegrini giunti a Santiago il giorno prima, ci riconoscemmo nella lunga lista come “due pellegrini italiani di Prato, venuti a Santiago da Saint Jean Pied de Port”. Il secondo giorno salutammo gli amici che tornavano a casa mentre noi avremmo sostato ancora un giorno prima di risalire in sella verso Fisterra, verso il km zero.
Dodicesima tappa: Santiago – Fisterra, 90 km.
Dopo tre giorni di permanenza a Santiago de Compostela risalimmo in sella alla volta del km zero che si trova al faro di Fisterra, punta di estremo occidente europeo dove gli antichi credevano finisse la terra.
Scegliemmo da subito di arrivare a Fisterra lungo la strada asfaltata un po’ perché il sentiero non è molto frequentato e quindi risulta meno mantenuto e poco adatto ad essere percorso in bici ed un po’ perché la stanchezza iniziava davvero a condizionare le nostre scelte. Non ci pentimmo di non aver scelto il sentiero perché il tracciato era caratterizzato da un po’ di dislivello e arrivammo in tardo pomeriggio anche avendo percorso la strada più agevole. Al faro di Fisterra si trova il colonnino del km zero, poco più avanti è posizionato su uno scoglio uno scarpone di bronzo in memoria dei pellegrini che in milioni giungono li e poi c’è un fuoco sempre acceso dove la tradizione vuole che ogni pellegrino bruci qualcosa che lo ha accompagnato durante il Cammino, rito al quale anche noi ci attenemmo in maniera ligia bruciando un capo di abbigliamento a testa. Dopo avere trovato alloggio nella mansarda di una pensioncina, unica alternativa ai materassini della palestra comunale, concludemmo il pomeriggio sulla lunga e ventilata spiaggia di Langosteria, luogo dove nell’antichità i pellegrini raccoglievano conchiglie che riportavano a casa come trofei e che per questo motivo sono il simbolo del Cammino di Santiago.
Tredicesima tappa: Fisterra – Santiago, 120 km.
Il risveglio a Fisterra fu una strana novità, ci svegliarono migliaia di gabbiani che stridevano mentre il sole sorgeva illuminando quell’insenatura su oceano che pochi metri più in là segnava la fine della terra.
Dopo aver valutato ed immediatamente bocciato l’ipotesi di rientrare a Santiago in bus risalimmo in sella alle nostre MTB decidendo di intraprendere la via alternativa della costa, scelta che a breve si rivelò poco felice in quanto il percorso, seppur più vario e molto panoramico, fu davvero stancante.
Rientrammo a Santiago in serata e per l’ennesima volta fummo felicemente sorpresi da un incontro, ritrovammo Tiziano, l’amico di Padova conosciuto giorni prima ad Ages e mai più ritrovato lungo il Cammino; Tiziano era davvero sereno, aveva i piedi a pezzi, indossava una polo rossa e la gioia di essere riuscito a mantenere la promessa fatta a Santiago di percorrere tutto il Cammino nei pochi giorni a sua disposizione, ci salutammo lì in Praca do Obradoiro e non l’abbiamo più rivisto.
Trascorremmo l’ultima serata a giro per il centro e poi in un tranquillo locale all’aperto in compagnia di Eduardo e Maria, anch’essi due ragazzi che avevano percorso il Cammino in bici e che spesso avevamo incontrato; in una lingua spagnola italianizzata utile a renderci vicendevolmente comprensibili ci raccontarono che, contrariamente a quanto avevamo pensato, non erano due fidanzati in vacanza bensì due perfetti sconosciuti che si erano messi in contatto grazie a internet solo perché entrambi desideravano fare il Cammino ma da soli non avevano il coraggio e lo stimolo necessari a partire.
Dormimmo per l’ultima notte nel solito albergo vicino alla Praca do Obradoiro e cominciammo a credere che il nostro Cammino era davvero finito.
In realtà il Cammino, se ti lascia nel cuore il segno che ha lasciato a me, non ha termine col rientro a casa, ma comincia con tutto ciò che dal Cammino di Santiago porti via… i sorrisi donati e ricevuti, le storie degli altri, i confronti di vita, le preghiere fatte, le serate di divertimento con perfetti sconosciuti accomunati dal solo fatto che sono pellegrini come te, e poi la soddisfazione di capire che andando fatichi e ti diverti, impari a godere del calore della gente, di ogni passo, di ogni pedalata, dell’acqua fresca della fonte, del vento che ti accarezza il viso e del sole che ti scalda il corpo.
Ognuno ha il proprio motivo per intraprendere il Cammino, si va per fede, si va per turismo, si va per sport, si va per conquistare un’impresa, la cosa meravigliosa è che, con mille svariate motivazioni nel cuore, si va da milioni di anni a Santiago di Compostela. Forse perché in fondo si ha voglia di trasformarsi in persone migliori, più semplici, disposte verso gli altri come pure verso una vita più dura e più vera; un cosa è certa, si è in grado di rinunciare al superfluo, proprio perché questo è il vero fardello, sul Cammino ci si sente liberi e fieri dell’essersi trasformati in “Pellegrini”.
Tornare a casa dopo aver fatto il Cammino di Santiago non è tornare ma è essere partiti per vivere un’avventura che non ha fine…e non si ha che voglia di ripartire!