di Roberto Checchi
La grande avventura della MAPEI nasce da una costola di ELDOR un pò come aveva fatto Adamo con Eva. Eppure quel progetto che nel suo stato embrionale, per i più appariva qualcosa degno di un folle e incosciente kamikaze, si rivelò in una sola stagione, vincente. Colpa del comandante? Merito dell’invincibile corazzata di atleti che in dieci stagioni s’alternarono dentro una divisa a cubetti? Certo che al Comandante vanno per forza attribuiti onori e gloria.
La FERRUCCIA è uno di quei microscopici borghettini che quando non esisteva Google Map, non comparivano nemmeno sulle mappe geografiche, un pugno di case tra l’autostrada che porta al mare e la via Fiorentina che collega Firenze a Pistoia, oggi si è ritagliata un contatto con la civiltà, ma provate a immaginarla nell’immediato dopoguerra. Campagna, per lo più aperta e campi da coltivare, anche perché i vivai pistoiesi han visto la luce in tempi decisamente più moderni. C’è una cosa che accomuna le frazioni e la periferia, lo sport.
Dopo il lavoro o alla fine della scuola la maggioranza dei ragazzi si ritrovavano nelle aie e nei cortili a tirar calci a un pallone, ma tra questi ce n’erano alcuni che più degli altri nutrivano un’irrefrenabile voglia di scoperta e di evasione e inforcando una bicicletta, s’inoltravano sulle strade alla conquista del mondo. E’ una storia che avvicina il campione al più modesto dei gregari, è intrisa di cultura contadina e di esperienze, quelle vere, quelle vissute sulla pelle, massacrata dai raggi del sole che lasciano i segni inconfondibili della maglietta e scavano col sudore il volto, per la fatica disumana, fatta sui pedali. Per certi versi mi ritengo privilegiato, la bicicletta è un intricato teorema di tattiche, visione e fantasia e se negli anni ho imparato ad amare il ciclismo fino a farlo diventare una passione morbosa, il merito va senz’altro a tutti quelli che ho incrociato lungo il mio cammino sportivo.
Francesco e Fabio posso liberamente affermare che li conosco da sempre, ci separano pochi anni d’età, lunghe mattinate trascorse insieme sui pedali a macinare chilometri su quelle colline che per gente come noi non hanno assolutamente nessun genere di segreto da svelare, affiancati in salita o in fila indiana in discesa, abbiamo scoperto l’impossibile in mezzo ai boschi e lungo le valli e poi il rito della bevuta, un classico ogni volta che si rientrava da un allenamento era inevitabile la sosta nel giardino di casa affacciato sulla Provinciale, dove Loretta era sempre indaffarata a stendere doppia razione di abbigliamento da corridore sul filo teso in mezzo agli alberi a prova di furto e una volta il ladro è passato davvero.
Fabrizio è stato un direttore sportivo tosto, ma se parli con chi l’ha avuto come stratega in corsa, i suoi insegnamenti non li ha mai dimenticati.
Potrei buttar giù un elenco lunghissimo tra dilettanti e professionisti e TUTTI concorderanno sul fatto che ogni richiesta e ogni esigenza, ogni scalino che necessitava esser salito per sentirsi più corridore e meno figlio, si rispecchiavano perfettamente nel suo essere un padre, sempre presente per ciascuno di loro. Il ciclismo è una FAMIGLIA, non lo scrivo né per piaggeria né per retorica, è un vortice, un mulinello d’acqua che ti trascina dentro e ti porta sotto a mostrare un mondo con i suoi aspetti bellissimi e quelli decisamente crudeli e nonostante tutto ti fortifica per la vita intera.
Dicono che Fabrizio se ne sia andato, proprio nel momento in cui Nibali passava il testimone della vittoria a un meritevole Carapaz. Voglio credere che abbia messo le chiavi nel quadro dell’ammiraglia e abbia iniziato a perlustrare Montalbano e San Baronto, magari con l’irrefrenabile voglia di rimettere in sesto il suo esercito di combattenti. Per strada avrà incrociato Vandenbroucke il solo che l’ha sempre affascinato per potenza, stile e imprevedibilità e anche Luca Gelfi per stringere in un abbraccio il male di vivere che troppo spesso attanaglia gli uomini, in vetta avrà incontrato Franco, quello che gli ha regalato l’emozione più grande nella battaglia più avvincente. Tutte le strade son fatte di sassi. Alcuni hanno voce e parlano un linguaggio particolare che arriva dritto al cuore.