di Roberto Checchi
Se avrete occasione di dedicare un ora del vostro tempo a RAI REPLAY fatelo, c’ è uno straordinario racconto che vi lascerà entusiasti e sorpresi.
Ha scritto René Fallet, poeta, scrittore e letterato francese del Novecento “QUELLI CHE VANNO IN BICICLETTA SANNO CHE NELLA VITA NIENTE E’ MAI PIATTO”. E’ una sacrosanta verità, che mette sempre a confronto con se stesso e gli altri chi un giorno sale in sella e non scende più.
I campioni del ciclismo, ma anche un semplice gregario e persino una meteora hanno sempre un aneddoto, un punto di riferimento, un dettaglio anche minimo, talmente affascinante da rivelare, che tutti possono adattarsi alla stesura del più elaborato dei romanzi o della miglior favola da tramandare nel tempo. Mi son tenuto da parte, fotogrammi personali di una storia che ho accennato in più di un’ occasione che ho vissuto attimo per attimo in un incontro con la fiorentinità, con il campione, la leggenda che nonostante tutto mai si è ritenuto tale, diciannove anni fa e forse è arrivato il momento di svelare anche a voi parte di quelle fotografie che mi porto dietro da tempo, scattate un pomeriggio d’ estate a PONTE ARDETO in Garfagnana.
“L’ ULTIMO VESTITO E’ SEMPRE SENZA TASCHE”, Bartali ne fece quasi una dottrina, un credo personale che è a tutti gli effetti la sintesi della vita terrena nel corso della quale puoi esser stato chiunque, plurivincente e pluridecorato, ma l’ ultimo giorno, quello del cospetto davanti a DIO, nessuno può portarsi con sé nulla di tutto ciò che ha seminato nel lungo o breve cammino.
Conservo gelosamente una musicassetta sulla quale è incisa un’ intervista, che Gino mi rilasciò a completamento della tesi di laurea. Il sonoro non è granché, a causa di un farfallino, quei microfoni da giacca che si collegano al registratore che sfortunatamente era difettoso. Dentro c’è un fiume di parole, l’ inconfondibile voce roca che ogni tanto s’ abbassa colpa anche della malattia, l’ HERPES ZOSTER (Fuoco di Sant’ Antonio), che in quei giorni lo metteva a dura prova, ma non si tirò indietro, all’ inizio riservato, poi cominciò ad aprirsi come uno straordinario libro di favole che un nonno tramanda al nipote e ne uscì un delicato acquarello che ricordo perfettamente battuta dopo battuta.
BARTALI e Firenze, Bartali il Giro e il Tour, Bartali e la guerra, Bartali e Togliatti, Bartali e Dio, BARTALI e COPPI che non sai mai come scriverli per non far torto a nessuno e se scegli una logica, prendi quella dell’ ordine alfabetico. BARTALI che non mi rivelò mai la storia dei massacranti e pericolosi allenamenti da FIRENZE ad ASSISI e l’ enorme contributo umano che permise di salvare centinaia di persone perseguitate nel corso del secondo conflitto mondiale e che invece si è scoperta poco tempo dopo il suo viaggio in questo nostro mondo.
In compenso, ed è la RAGIONE per la quale sono immensamente orgoglioso, su quel nastro son rimaste incise le parole di come sono andati realmente i fatti nel giorno del passaggio della borraccia fra GINO e FAUSTO, ma nel rivelarmelo, fece promettere di mantenere eternamente il SEGRETO, quasi fossimo stati amici da sempre ed è giusto che ognuno abbia una sua interpretazione della più discussa vicenda sportiva.
La verità di Bartali la conosciamo IO e GINO.
Capiterà anche a voi, lo spero, perché certe emozioni è bello condividerle tra le persone a me è successo di farmi trascinare dentro le decine di testimonianze che scorrevano in successione nel corso di un’ ora d’ immagini rubate alla televisione, quasi fossero una valanga staccata dalla montagna, passo dopo passo dietro Ubaldo Pantani, comico e imitatore, che già nel nome sembra un predestinato a parlare di Bartali.
E’ il GIORNO DELLA MEMORIA, una data che sul calendario coincide con le celebrazioni della SHOAH, ed è importantissimo che in mezzo a tanta crudeltà possano emergere le gesta di un uomo che mise a repentaglio la sua vita e affrontò la barbarie, rifiutò di sostenere partiti politici fedele all’ idea che uno sportivo è patrimonio di tutti, scelse la via a lui più congeniale che scorreva su ruote spinte dalla forza impressa sui pedali e quel movimento, spesso veloce, a tratti lento lo condusse lontano, lassù dove il BENE SI APPENDE AL PETTO e non si mette in evidenza al bavero della giacca.
In tanti mi han chiesto di rivelare il contenuto di quella conversazione, perché quaranta minuti di parole custodiscono anche straordinari inediti.
Non l’ ho mai fatto, anche se a volte la TENTAZIONE è tanta, forse mi guida lo SPIRITO DEL CORRIDORE, certi segreti viaggiano insieme a noi dentro le tasche o nelle borracce per le strade del mondo e come in un album di figurine, ce li scambiamo a vicenda…
Un campione è un grande uomo che con il tempo scopriamo aneddoti commoventi.
Io ho avuto il piacere di conoscerlo nel 1967 alla presentazione della squadra dilettanti
Di qui facevo parte. Conservo ancora la foto di un ritaglio di giornale che ci ritrae.